Monte
Spedone – La Fracia o Corna Rossa - "Festina lente"
Luca
Bozzi e Giovanni Chiaffarelli
18.12.2020
Affrettati
lentamente.
Make
haste slowly.
Eile
mit Weile.
Festina
lente.
Il
millenario ossimoro augustiano è ancora valido oggi e significativo nelle più
varie situazioni. In buona sostanza, un monito ad agire in modo deciso, ma con
cautela, per avere successo nelle proprie azioni.
E
ne fecero il proprio emblema importanti famiglie fiorentine, come i de' Medici
per la loro flotta nel XVI secolo, abbinandolo alla figura della tartaruga,
notoriamente lenta e prudente, e alla vela spiegata a significare la forza del
vento che spinge in modo deciso l'imbarcazione.
Il
concetto si applica benissimo al progetto spedoniano che abbiamo portato avanti
durante tutto il 2020: muoversi con decisione, ma con le dovute cautele, su
questa fantastica e insidiosa parete.
Inoltre,
l'anno pandemico intriso di lockdown improvvisi, ha fatto sì che non si potesse
temporeggiare troppo. Meglio affrettarsi, con prudenza.
Ma
torniamo indietro nel tempo, all'inizio della vicenda.
PROLOGO
Col
fido Luca è un po' che fantastichiamo su una bella ed estetica linea che
abbiamo individuato da tempo, con partenza a sinistra della via Corti 1933 per
muri e placche, per poi portarsi a destra e proseguire in alto, per placche e
muri, verso la cresta sommitale.
L'approccio
tecnico è differente dalle precedenti esperienze di apertura: l'uso dei fix
deve essere nel limite del possibile bandito. Vogliamo metterci alla prova con
l'utilizzo di protezioni naturali o tradizionali, il tutto attraverso una
parete verticalissima, tendenzialmente priva di evidenti fessurazioni.
Tutto
bello, romantico e affascinante, ma la realtà si è dimostrata un po' più
complessa.
IL
RACCONTO
Eccoci
alla base della parete, immersi nella vegetazione fino al collo. Si parte. Su
per il primo tiro, un po' sporco, ma ricco di inclusioni di selce che agevolano
notevolmente la progressione. Sosta comoda. Eccomi già lanciato sul secondo
tiro, un obliquo a destra, su per lame, buchi, blocchi da sondare, un po' di
muschio da rimuovere per scoprire qualche fessuretta, belle placche di
movimento. Mi è sempre piaciuto usare le protezioni naturali, ma su questa
parete farlo rende le cose molto insidiose e insicure, le uova potrebbero
rompersi da un momento all'altro e quindi la concentrazione è al top. Trovo un
posto per sostare (questa sosta la rimuoveremo). Cedo il passo a Luca che si
esibisce magistralmente su per un muro verticale con un paio di alberelli.
Forza un passaggio, vola... la protezione regge. Fiut! Avanti ancora, piccolo
run-out con bei movimenti, traverso a destra, chiodo a foglia superficiale
veramente indecente, forza di nuovo ed eccolo a contatto con la Corti dove
finalmente sosta e anch'io tiro un sospiro di sollievo.
Il
tiro successivo è denso di incognite. Si obliqua lungamente a destra in
notevole esposizione seguendo una serie di rughe e inclusioni. Chiodatura
difficile e in parte precaria. Il cliff lavora, ma la sequenza di prese
permette anche di arrampicare in modo pregevole. Le ore passano. Non so nemmeno
quanto spingermi in là, finché trovo una serie di buchi dove martello degli
ottimi chiodi. Non mi importa se sono appeso; dopo la sequenza di chiodacci che
ho messo fin qui, questi vanno benissimo per una sosta.
Ed
eccoci qua, dopo tre lunghezze in parte sofferte per la naturale
"crudezza" del terreno e la difficoltà nel piazzare delle protezioni
decenti, ci troviamo appesi come salami a una sosta a chiodi su un vuoto
impressionante... Il mondo è così grande e noi così piccoli e insignificanti...
Sopra
di noi un tratto di parete dall'aspetto inquietante. E' la parte che ci
preoccupava maggiormente, verticalissima, arcigna e dalla colorazione
bianco-giallastra che, per nostra esperienza alla Fracia, non annuncia
solidità. Tocca a Luca. Parte, un primo cliff, un friendino di qualità media,
un chiodo di qualità dubbia, un altro cliff di qualità pessima, zolle e terra
piovono sulla mia testa in sosta. Alt! Tutto suona vuoto e rimbomba... Ahia.
Chiodare non se ne parla. Proseguire in questa direzione men che meno. Che si
fa? Si va a casa con la coda tra le gambe!
Torniamo
e ci caliamo dall'alto per raggiungere la sosta e fare qualche verifica. Le
preoccupazioni sono confermate. Dove vogliamo passare è un vasto tratto di
parete da evitare come la peste. Dobbiamo meditare e decidere il da farsi.
Guardiamo più a sinistra. Una stretta colata di ottimo calcare serpeggia verso
l'alto evitando accuratamente la zona scabrosa. Wow! Ok, la decisione è presa
anche se a malincuore: qualche fix sarà necessario. Torniamo attrezzati e
saliamo il quarto tiro che si rivela bellissimo.
Il
18.12.2020, in piena "zona gialla pandemica", raggiungiamo la cresta
sommitale con un'ultima lunghezza molto carina.
E'
fatta. La soddisfazione e la gioia sono alle stelle! Un'altra meravigliosa
avventura dell'affiatato e magico team Bozzi-Chiaffarelli è realizzata. Il
Fortissimo, al secolo Giusto Gervasutti, da quel romantico che era avrebbe a
questo punto già rivolto lo sguardo malinconico verso l'orizzonte, sognando la
successiva avventura. Noi per il momento siamo contenti così, ma qualche idea
già frulla nella nostra fertile mente, e non è detto si tratti di apertura...
Stay tuned.
RIEPILOGANDO
Gli
sforzi portati avanti con "affrettata lentezza" hanno prodotto questi
risultati: cinque lunghezze di notevole bellezza, 150 metri di roccia lavorata,
arrampicata di movimento divertente su lame e lamette, gocce e buchetti,
abbondanti inclusioni di selce, tratti di decisione e altri più rilassati.
Soste a chiodi, protezioni lungo i tiri quasi ovunque ottime, soprattutto dopo
l'abbondante, canonica e indispensabile manutenzione eseguita lungo tutto
l'itinerario.
Giovanni
Chiaffarelli. |