GRIGNA MERIDIONALE - TORRE CECILIA 1800 m: storie...
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Il 15 ottobre (1905) i soci rag. Mario Tedeschi e rag. Davide Valsecchi di Milano, colla guida Bortolo Sertori di Filorera-Valmasino, compivano il quinto intero percorso in discesa della Segantini1. [….] Con quest’ultima discesa fu dimostrato finalmente la possibilità del percorso dell’intera Cresta, senza aiuto di corda fissa. Ma chi non conosce l’onnipotente aderenza dei piedi nudi della brava guida Sertori?

 La Segantini è la cresta occidentale della Grigna Meridionale, mentre Bortolo Sertori era quello che sulle piodesse di granito del Màsino si metteva le scarpe al collo, e poi saliva “de ungia” (a piedi nudi) passaggi assai difficili. Senz’altro favorito da una spessa cotenna sulla pianta dei piedi e unghie da camoscio. Un mix evidentemente piuttosto efficace nella scalata su roccia, che utilizzavano anche i giovani scalatori-operai lecchesi, solo per fare un esempio nostrano. Alcuni di loro avevano provato a scalare con le calze (gli scarponi chiodati, su certe difficoltà, non rendevano granchè: troppe scintille…), ma venivano dissuasi dalle legnate somministrategli delle madri, furiose nel vedere disintegrati i preziosi indumenti. Il Bortolo, si diceva, saliva come uno stambecco sulle lisce placche, poi buttava il capo della corda al cliente sollevandolo praticamente di peso.
Sempre lui, era quello che giocava a carte con il Conte Aldo Bonacossa nelle fumose bettole di Filorera e, quando perdeva, sbatteva il cappello in terra calpestandolo e mordendolo per la rabbia.

 Il pezzo introduttivo è tratto da “La Cresta Segantini (Gruppo delle Grigne). 4° percorso in discesa e 1° in salita”, RM n. 11 del 15 dicembre 1905 - Vol. XXIV, pp 385-401, scritto sulla Rivista Mensile del CAI da Eugenio Moraschini, uno dei primi salitori con Giuseppe Clerici tra l’8 e il 9 ottobre 1905, pernottando in una misera tendina presso la sella alla base della parte finale della Cresta. Il loro obiettivo infatti era quello di salire anche le guglie a ovest del colle (Torri Moraschini, Casati e Palma), per fare l’“integrale”.
Il lungo articolo accompagna il lettore attraverso la cronaca della prima ascensione della Segantini, percorsa per la prima volta (ma in discesa) quattro anni prima da Giacomo Casati del C.A.I. Milano. Un racconto ricco di particolari e corredato da strepitosi disegni con il tracciato dell’itinerario2, fantastica testimonianza di una avventura totale, a portata di treno da Milano.
La Grignetta è un terreno selvaggio e a quel tempo, fino all’avvento della guida di Silvio Saglio3, grandi incognite circondavano le innumerevoli guglie della montagna. Cresta Segantini in primis, tanto che era ritenuta inscalabile. Nell’articolo il Moraschini, avvalendosi del privilegio del primo salitore, battezza i pinnacoli della Cresta (
Fu dopo queste indimenticabili due giornate di scalate, che compresi l’imminente utilità di distinguere con nomi i vari punti della Cresta) e la Sella senza nome del bivacco con la tendina, che proporrà di intitolare a Davide Valsecchi, importante esponente della sezione di Milano del Club Alpino Italiano.
Questi milanesi infatti ci vedevano lungo, tanto da intuire il grande successo che avrebbe riscosso l’itinerario della Segantini, e l’importanza strategica di un punto d’appoggio in quota su una montagna che, seppur di altezza modesta, presenta un ambiente molto severo. Come potevano testimoniare le due prime “vittime” della cresta...

Il 1 e il 2 novembre 1902 Hans Ellensohn col socio Theodor Dietz tenta la discesa della Cresta. Smarritisi a causa di folte e continue nebbie ed accompagnati dalla pioggia (e, immagino, anche dalle basse temperature… Ai primi di novembre in Grigna può fare freddino) sono costretti a passar lassù quei due lunghi giorni e le due tragiche notti, non senza aver visto il loro unico sacco precipitare giù da una balza. Cavandosela quindi per il rotto della cuffia….
Il Moraschini poi scrive: Il Colle Valsecchi, dunque, può essere ritenuto come il miglior punto alpinisticamente strategico di tutto il lato ovest della Grigna Meridionale ed in particolar modo della Cresta Segantini.
[….] L’idea di uno speciale rifugio in quella fortunata località si impose subito a noi, [….], vincitori della cresta; e poiché le buone idee sempre riescono ad imporsi, un altro ammiratore entusiasta, il collega Davide Valsecchi, credette opportuno [….] porre fin d’ora a disposizione della Sezione di Milano una completa capanna da costruirsi nella primavera del 1906 e da inaugurarsi in quel mese di giugno (che poi slitterà a luglio, e sarà eretta circa duecento metri più in basso). Non è da dire come il dono munifico (che comprendeva anche tutti gli arredi, come puntualizzerà il Tedeschi nel resoconto dell’inaugurazione) sia stato accolto da unanimi approvazioni e lodi. E ti credo… Dove lo trovi un altro così generoso?

Valsecchi commissiona un prefabbricato di legno di 16mq, i cui elementi vengono costruiti a Milano sotto la direzione dell’ingegner Giovani Alfieri. Lo monta per prova nel giardino della sua villa di Cesana Brianza, e ai primi di luglio fa trasportare a spalla i pannelli rivestiti di lamiere zincate fin nei pressi del Colle del Pertusio, a 1720m sulla cresta occidentale della Grignetta, un luogo decisamente più accogliente rispetto al selvatico Colle della tendina. Supervisiona inoltre tutte le fasi del montaggio, e la costruzione è pronta la sera del 14 luglio4. Il giorno successivo, 15 luglio 1906, si svolge l’inaugurazione, con tanto di verbale di consegna per il passaggio di proprietà al C.A.I. Milano, beneficiario della donazione, che dedica la capanna alla figlioletta del Valsecchi, Rosalba5.
Mario Tedeschi sulla RM 1906 racconta questa giornata a cui partecipano 40 soci del CAI Milano con la Direzione della Sezione al completo, i rappresentati del CAI Lecco, Sondrio, Como, Monza, della SAT e del Comune di Mandello. Più un certo numero di alpigiani. In pratica: una marea di gente. La giornata è ricca di iniziative, a partire dalla messa celebrata dal parroco di Mandello (è domenica) e solennizzata dalle note dell’ ”Ave Maria” di Gounod, diffuse da un fonografo trasportato in Grigna per l’occasione. La signora Cecilia, moglie del Valsecchi e madrina della cerimonia, rompe la classica bottiglia di champagne contro il muro della capanna, e offre ai convitati i dolci fatti in casa (in casa sua), immagino in quantità industriale. Intanto la piccola Rosalba, un angioletto biondo di 14 mesi, portata in braccio da papà Davide fino al Colle, sorride tranquilla e silenziosa, nonostante, possiamo immaginare, il baccano infernale della numerosa e rumorosa compagnia che grida a squarciagola gli innumerevoli brindisi, canta, mangia e beve con grande impegno, con il sottofondo del fonografo che spara le note dell’ “Esultate” a tutto volume.

Alla fine la comitiva riesce miracolosamente a scendere a valle, un po’ verso il lago, un po’ verso i Resinelli. L’ultima a lasciare il rifugio, portata a braccia dal padre, fu la gentile Rosalba, la bionda e piccola fata del rifugio. La memorabile giornata finisce in gloria all’albergo Mazzoleni a Lecco, dove gli irriducibili dell’allegra brigata si ritrovano… a mangiare e bere.

Rifugio Rosalba in costruzione

La capanna in costruzione

Qualche settimana prima, a giugno, Valsecchi aveva convinto un muratore occupato nella costruzione della capanna, a seguirlo su per le placche alte una quarantina di metri della parete nord della massiccia struttura rocciosa di fronte al rifugio, non molto ripide ma nemmeno banali. Compie così la prima ascensione del torrione, che dedica alla moglie: “è la mamma che cura la tosa“, commenta argutamente il professor Brentari, come riporta il Tedeschi; cioè è la sciura Cecilia che tiene d’occhio la bambina, Rosalba. Considerando che anche il sentiero che verrà attrezzato, sempre dal CAI Milano, al piede della Segantini verrà dedicato a Cecilia, si può dire che il Valsecchi abbia assicurato a imperitura memoria il nome suo e dei suoi cari.

Una nota infine sulla via Berta, ripetuta da Giovanni Chiaffarelli e Federico Montagna in occasione della perlustrazione per la loro via nuova. Vale la pena riportare le parole di Riccardo Cassin che ne compie la prima ascensione il 20 maggio 1934 con Luigi Pozzi (Bastianèl) … un mio allievo. Non ha ancora 19 anni, ed è leggero e sicuro, con l’occhio acuto e i muscoli pronti allo scatto (sembra la descrizione di un pugile. Forse una reminescenza del Riccardo che aveva boxato ad un buon livello). Un’inesauribile carica di entusiasmo e la risata spontanea lo rendono particolarmente simpatico6. 
Sul Cecilia (a cui, chissà perché, è usanza riferirsi al maschile) si sono succeduti tanti scalatori, le cui salite testimoniano l’evoluzione dello stile dell’arrampicata in Grigna. Spicca tra queste una via del 1923 sul versante nord; non tanto per le caratteristiche tecniche, quanto per il prestigio di uno dei salitori: Dino Buzzati.

1 Sul sito del CAI Mandello, nel capitolo dedicato al rifugio Rosalba, compare una nota relativa a questa discesa (nota puntualmente copia-e-incollata da altri siti senza citarne l’origine): [….] La sua storia inizia nei primi anni del ‘900 quando 3 celebri alpinisti: Davide Valsecchi, Mario Tedeschi con la guida B. Sertoli, tentarono e portarono a termine tutto il percorso della cresta Segantini. [….] gli alpinisti percorsero una discesa di ben 18 ore che fece pensare all’utilità di un bivacco posto proprio nella zona del Colle del Pertusio. Ho cercato, senza successo, un riferimento al tempo impiegato per questa discesa sui resoconti originali. Non escludo ovviamente che questa nota esista; tuttavia, non avendo il sito in questione dichiarato la fonte ed io non avendola trovata, ometto questo particolare in attesa di approfondimenti.

2 L’articolo della RM è stato riportato nella Mostra Le guide di Carta di Alberto Benini e Pietro Corti; elaborazione grafica di Marta Cassin, 2020. Mostra realizzata per conto della Sezione “Riccardo Cassin” di Lecco del CAI, nell’ambito della rassegna “Monti sorgenti”.

3 Le Grigne, collana Guida dei Monti d’Italia CAI TCI, Milano – 1937

4 Informazioni prese dai resoconti riportati sulla RM

5 Dopo una serie di modifiche, il rifugio risulterà sempre più inadeguato ad ospitare la massa imponente di persone che salgono al Colle del Pertusio, il più delle volte come meta a sé stante, giusto per mangiare una pastasciutta e godersi la meravigliosa vista circostante. Nel 1955 viene inaugurato l’attuale rifugio, di proprietà del CAI Grigne – Sezione di Mandello del Lario, e la vecchia capanna viene abbandonata, per essere poi definitivamente smantellata e smaltita. Me la ricordo vagamente, ridotta ad un locale-spazzatura. Altro desolante esempio di mancanza di cura per il territorio; sarebbe senz’altro valsa la pena ristrutturarla e conservarla come avrebbe meritato. Magari trasportandola a valle, se nel suo luogo originale dava fastidio perché rubava il posto ai gitanti stravaccati al sole, o, più recentemente, a spettacoli di vario genere. Eppure, la conservazione di quel manufatto avrebbe rappresentato un’importante operazione culturale, volta a tenere vive le più belle testimonianze delle origini dell’alpinismo lombardo (e italiano). Peccato.

6 Da: “In Grigna!” di Riccardo Cassin, scritti dal ‘58 al ’99. Supplemento di Meridiani Montagne, maggio 2007, a cura di Matteo Serafin per l’Editoriale Domus – Milano.

Pietro Corti


GRIGNA MERIDIONALE - TORRE CECILIA 1800 m

In occasione dell’apertura di una via sulla Torre Cecilia, Giovanni Chiaffarelli e Federico Montagna ripetono la via Berta di Riccardo Cassin, che sale la linea di diedri a destra del vertiginoso pilastro dove hanno individuato la nuova possibilità. La “Berta” è un itinerario quasi dimenticato, con passaggi molto arditi soprattutto se messi in relazione alla povera attrezzatura dell’epoca. Corda di canapa, una manciata di chiodi fatti a mano in officina e qualche moschettone di ferro; ai piedi, le pedule con la suola di corda. Ma Riccardo e compagni avevano la cosiddetta marcia in più: una determinazione ed un allenamento fenomenali. Nessuna seduta in palestra, però. Semplicemente, dodici ore al giorno per 6 giorni alla settimana in stabilimento. Ed ovviamente 20 anni di età o giù di lì. Questa è la leggenda dei giovani operai scalatori lecchesi; una storia comune ad altre zone, ma che a Lecco ha trovato terreno particolarmente favorevole: le montagne fuori dalla porta di casa.
A destra delle due vie sale la bella “Pom d’Anouk”, che molto probabilmente ricalca in buona parte l’itinerario aperto il 13 maggio 1934, una settimana prima della Berta, dal fuoriclasse lecchese Vittorio Panzeri con Francesco Polvara e Bruno Citterio. Le notizie sono riportate su “Il Popolo di Lecco” del 19.05.1934 p.6, del 26.05.1934 p.6 e del 02.06.1934 p.4; quest’ultimo con foto e tracciati della Berta e della Panzeri. Difficile stabilire l’esatto percorso di quest’ultima rispetto a Pom d’Anouk; certamente Panzeri in quell’occasione ha dimostrato una volta di più le sue capacità. Resta la domanda: perché la via è rimasta esclusa dalla guida Saglio del 1937? Onore al merito a Marco Mela Corti, Anouk Tanchis e Daniele Bariffi di averla riscoperta il 12.7.1998
.
Dopo la ricognizione, i due Chiaffarelli (sr e jr) con Federico Montagna aprono quindi il loro nuovo itinerario che si rivela molto bello e godibile. Da ricordare altre realizzazioni recenti sul Cecilia:
DONNA SANDRA di Federico Montagna e Giovanni Chiaffarelli, terminata il 12.09.2016, MAURO DELLE MONTAGNE di Federico Montagna, Luca Bozzi e Giovanni Chiaffarelli, il 12/13.08.2017 e FAHRENHEIT 451 di Saverio De Toffol, Jorge Palacios e Fabio Milanesi, terminata il 5 luglio 2019. Tutte aperte dal basso con chiodi e fix.


Periodo

Estate; sole al pomeriggio. Ambiente alpino; attenzione alla meteo: pericolo di temporali improvvisi.

Accesso
Da Lecco salire ai Piani dei Resinelli. Oltrepassato il piazzale-parcheggio, si prende la strada che sale a dx appena prima della chiesetta, svoltando a sx al primo bivio per scendere all'ex rifugio Alippi, a monte del quale si dirama a dx una sterrata (via alle Foppe) che porta all'inizio del Sentiero delle Foppe per il Rifugio Rosalba (n° 9). L’accesso alla sterrata è vietato; prima di imboccarla bisogna parcheggiare a lato della strada asfaltata, oppure molto più sopra, presso la fonte della Carlanta. Cioè: uno dei rifugi più frequentati delle Prealpi Lombarde, non ha un parcheggio dedicato! Seguire il sentiero fino al rifugio, ore 1,30. Dalla Rosalba ridiscendere lungo il versante di salita per larga traccia ghiaiosa, tendendo a sx viso a valle verso la base del Cecilia; attraversare quindi un canale, portandosi contro la parete sotto un caminetto. Salirlo per pochi metri, stando poi sulla sponda dx fino ad una sosta con catena (10m, III+). Traversare ora a dx su placche adagiate fino alla costola di un canale. Risalirla verso sx portandosi nel canale detritico, che si segue fino alla partenza di Pom d’Anouk (scritta sbiadita alla base). Poco prima si nota una fettuccia viola: partenza della via Berta e di Martelli volanti. 30 minuti circa dal rifugio.

Relazioni basate sui dati di Giovanni Chiaffarelli, si ringrazia anche Federico Montagna

Martelli volanti - Berta - Pom d'Anouk
Foto ed elaborazione grafica Giovanni Chiaffarelli

VIA BERTA


Itinerario storico sulla parete ovest-sud-ovest dello spigolo nord-ovest della Torre Cecilia. Via alpinistica, con roccia discreta su L1 e L2, non ottima e da verificare sulla fessura di L3. La relazione proposta non concorda con quella riportata su “Le Grigne” di Eugenio Pesci (Guida dei Monti d’Italia CAI – TCI, 1998) che valuta IV grado l’ultimo tiro e V il terzo. Relazione aggiornata di Giovanni Chiaffarelli e Federico Montagna in occasione della ripetizione del 09/07/2022.
È necessaria una solida esperienza alpinistica. Bisogna saper valutare la qualità della roccia ed essere in grado di proteggersi: gli ancoraggi in loco sono scarsi e obsoleti.

Chiodatura
Sulla via sono stati trovati tre fix vecchi (più o meno anni 90) su S1, S3, e sul passo chiave di L3, e qualche chiodo. Necessari friend medio grandi fino al 4 BD, cordini, 2 corde da 60m. Casco.

Primi salitori
Riccardo Cassin e Luigi Pozzi Bastianèl, 20 maggio 1934. Davvero rimarchevole il tratto obbligato su L3, valutabile nell’ordine del VI grado (da non confondere con il 5c), a riprova della classe di Riccardo Cassin. Prima solitaria (probabile): Ivan Guerini, 18 novembre 1978, concatenando in giornata anche la via Fanny e la via dei Trentini.

L1 IV 30m 1 clessidra; 1 ch. e 1 fix vecchi di sosta. Salire su facili rocce articolate (qualche tratto instabile) fino ad un grosso spuntone, dove serve un cordino lungo per proteggersi. Continuare più o meno dritti (se si prosegue a dx si finisce su “Martelli volanti”) per poi iniziare a obliquare lungamente a sx (si incontra una clessidra con vecchio cordone) fino ad una sosta in una nicchia giallastra, proprio a fianco dello strapiombo. Questa lunghezza costituisce una variante. L’ originale Berta dal canale detritico di partenza risale il canale di sx puntando allo strapiombo, per poi arrivare alla nicchia. Sconsigliabile: roccia cattiva.

L2 V 30m 1 clessidra, 1ch.; 2 ch. vecchi di sosta. Traversare a dx (antico chiodo con moschettone), incrociando “Martelli volanti” (clessidra cordonata); obliquare sempre a dx fino ad entrare nella fessura-camino, direttiva di via. Seguirla lungamente fino ad una nicchia sotto una fessura.

L3 VI+ 15m 1 ch. e 1 fix vecchi, 1 cordino vecchio; 1 ch. e 1 fix vecchi di sosta. Alzarsi (attenzione alla scarsa qualità della roccia) con un giro a dx fino ad un chiodo vecchio, poi incastrarsi nella fessura nera di sx fino ad un fix vecchio. Necessari friend grandi (fino al 4 BD) per proteggere la fessura. Rimontare una strozzatura fino a un vecchio cordino e sasso incastrato e uscire al di sopra (passo chiave) alla sosta.

L4 V- 15m 2 resinati con catena di sosta. Proseguire nella fessura-camino fino in cresta, sbucando sullo Spigolo della Crocetta. L3 e L4 sono concatenabili senza problemi.

Discesa: proseguire per la crestina lungo l’ultimo tiro dello Spigolo della Crocetta (III grado, 15m circa) di Arturo Andreoletti, Carlo Prochownick e Serafino Alfieri il 14 novembre 1909, fino alla sommità. Si segue poi la traccia che scende a sx alla sella dove esce la via normale. Assicurarsi ad un resinato per sporgersi a prendere il punto di calata (appeso) per una doppia da 50m fin nel canalino detritico della forcella Torre Rosalba-Cecilia. Scendere al rifugio.

MARTELLI VOLANTI
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Itinerario di stampo alpinistico sulla parete ovest-sud-ovest dello spigolo nord-ovest della Torre Cecilia. La via sfrutta uno sperone di roccia grigia di ottima qualità a sinistra di Pom d'Anouk, per tendere verso sx al di sopra di un enorme antro. Un breve tratto di roccia giallastra e poco solida permette di inserirsi in un bellissimo diedro perfetto, che conduce verso l'uscita sullo spigolo NO. In corrispondenza dell'inizio del secondo tiro si interseca la via Berta che proviene da sx.
È necessaria una solida esperienza alpinistica. Bisogna saper valutare la qualità della roccia, ed essere in grado di integrare efficacemente le protezioni in caso di necessità.

Chiodatura
Attrezzatura mista a chiodi e fix, da integrare con protezioni veloci lungo tutto il percorso. Portare 12 rinvii, ampia serie di friends (BD4 utile), cordini, 2 corde da 60 m. Casco.

Primi salitori
Marco e Giovanni Chiaffarelli, Federico Montagna, terminata il 17.07.2022. Ripetuta e liberata lo stesso giorno dagli apritori, insieme a Luca Bozzi.

L1 5c 30m 1 clessidra, 2 ch., 1 fix; 2 fix di sosta. Salire su facili rocce articolate (qualche tratto instabile) fino ad un grosso spuntone, dove serve un cordino lungo per proteggersi). Continuare ancora dritti e leggermente a dx fino a un chiodo, dove la parete si fa più verticale. Salire a dx (fix), poi verso sx forzando un muretto atletico e si prosegue diritto (tratto sprotetto) fino a una clessidra cordonata e alla S1 poco sopra.

L2 6a 40m 1 clessidra, 4 ch., 1 fix; 2 fix di sosta. Salire ad una clessidra cordonata (incrocio con la Berta) e proseguire in obliquo a sx su roccia manigliata, aggirando uno spigoletto (ch.). Proseguire in verticale (fix) ed in obliquo a sx con passo obbligato più impegnativo, per ristabilirsi su buone prese e appoggi (ch.). Ancora in verticale qualche metro, poi traversare decisamente a sx (ch.) per raggiungere un diedro incassato che porta ad una cengia detritica.

L3 6c 10m 2 ch., 4 fix; 2 fix di sosta con maillon per la calata. Forzare la pancia soprastante in obliquo a dx (breve tratto di roccia instabile, parzialmente ripulito) e proseguire dritti con bei movimenti tecnici (vari fix e ch.). Con passo obbligato superare uno strapiombino fino ad un vago terrazzino. S3 facoltativa all'inizio di un evidente diedro.

L4 5c 20m 3 ch.; 2 resinati con catena di sosta. Risalire il diedro per intero con bellissima arrampicata tecnica (3 ch.). Forzare la fessura finale e con un bel passaggio uscire al di sopra su terreno più facile. Proseguire dritti fino allo spigolo NO e alla S4 con catena (Spigolo della Crocetta).

Discesa: in doppia sulla via. Prima calata da 20m fino all’inizio del diedro finale. Seconda da 60m esatti, parzialmente nel vuoto, fino alla partenza. Poi ripercorrere a ritroso l'approccio. Attenzione: calate molto aeree… Fare i nodi in fondo alle corde.

In alternativa: proseguire per la crestina lungo l’ultimo tiro dello Spigolo della Crocetta (III grado, 15m circa), fino alla sommità. Si segue poi la traccia che scende a sx alla sella dove esce la via normale. Assicurarsi ad un resinato per sporgersi a prendere il punto di calata (appeso) per una doppia da 50m fin nel canalino detritico della forcella Torre Rosalba-Cecilia. Scendere al rifugio.

Note: la via è stata aperta in due giorni. Una buona pulizia è stata fatta a più riprese, ma trattandosi di parete vergine, con qualche tratto meno solido, occorre sempre prestare attenzione. Il diedro finale è stato salito con un chiodo e protezioni rapide. In discesa sono poi stati aggiunti due chiodi.


17.07.2022 ore 11.44, esco in cresta al Torrione Cecilia e urlo "Molla tutto!", ordine che i miei due compagni 20 metri più sotto eseguono all'istante e si accingono a scalare quest'ultimo bellissimo tiro, un diedro perfetto.
Una linea che avevo intravisto anni fa e avevo messo nel cassetto mentale il progetto, da riprendere eventualmente in futuro.

La BERTA
Cassin era salito da quelle parti negli anni 30 e la via prese il nome di "Berta", descritta in modi un po' generici in parecchie guide delle Grigne.
Sicché, non avendo informazioni dettagliate e sicure su questo storico itinerario, decidiamo di lanciare il nuovo progetto soltanto dopo averlo ripetuto.
Col fido Federico Montagna eccoci all'attacco, uno sperone semi-appoggiato di roccia un po' malsicura ma facile che seguiamo finché non andiamo a sbattere contro una sosta attrezzata con un fix e un chiodo! Roba di parecchi anni fa, direi anni 90. Traversiamo tutto a destra e ci infiliamo in una fessura-diedro abbastanza tranquilla fino ad altra sosta attrezzata con due chiodi ottimi. Sopra di noi si allunga un camino-fessura dall'aspetto inquietante. Salgo alcuni metri e trovo un chiodo, ne salgo parecchi altri e, quando comincio a preoccuparmi per la qualità scadente della roccia e l'impossibilità di proteggermi, appare davanti a me un altro fix anni 90! Il passo successivo non è certo di IV grado come citano le guide, bensì un bel VI+ sparato, decisamente fisico. Comunque esco in cresta e anche questa è andata.
Intanto abbiamo capito che il nostro progetto è realizzabile, probabilmente su ottima roccia per la maggior parte del tracciato.

MARTELLI VOLANTI
Domenica 10 luglio. Novità di quest'anno è una new entry: il mio primogenito Marco, detto Kiaffo o anche Jr, ha accettato con gioia l'invito a partecipare a quest'avventura.
Il progetto vuole essere di tipo misto: trad e chiodi il più possibile, fix dove opportuno; soste a fix.
La linea segue uno sperone grigio, interseca la Berta e prosegue lungamente oltre, traversa a sinistra e risale fino a una cengia detritica alla base di una zona giallastra (l'incognita maggiore), per andare a infilarsi in un diedro perfetto che porta in cresta.
Abbastanza rapidamente di ritroviamo in tre alla cengia detritica, con uno sguardo preoccupato rivolto verso il prosieguo, pochi metri bruttini. Fin qui è andato tutto liscio: i due tiri ci hanno regalato un'arrampicata elegante su buoni appigli, qualche passo più impegnativo, ma difficoltà tranquille. Parto ora su questa pancia friabile opprimente. Fix, chiodo bruttino, mi appendo, si piega... martello martello martello, mi appendo, regge. Fiut. Altro fix, chiodino, tiene, la roccia migliora sensibilmente, arrivo sotto uno strapiombino, fix, esco sopra con passo molto bello e approdo a un terrazzino. Roccia da urlo. Piazzo un fix e torno dai miei soci. Ci caliamo con una lunga doppia nel vuoto di 60 metri. Il materiale è esaurito e quindi si torna il prossimo weekend per finire.

Domenica 17 luglio. Rieccoci qui radunati alla sommità della parete su una delle soste dello Spigolo della Crocetta, bella vietta divertente, a torto poco seguita a vantaggio di altre classiche del Cecilia.
Fede scende per primo e, con sorpresa di tutti, si accorge che l'ultimo tiro non è poi così lungo, ma all'apparenza molto bello. Piazza un fix di sosta ed entrambi lo raggiungiamo alla base di questo bel diedro.
Parto con decisione e piazzo subito un bel chiodo. Poi le fessure appaiono una dopo l'altra, mi proteggo molto bene con i friend, seguono movimenti in spaccata eleganti e divertenti. Un'ultima fessura aggettante mi regala un bellissimo passaggio che dà accesso a una zona facile, ultimi metri verso la cresta e in un attimo sono alla sosta della Spigolo. Lancio un urlo di gioia. Sono le 11.44 del 17 luglio 2022

Recupero i soci che velocemente mi raggiungono e ci stringiamo la mano felici. Per Marco è una prima volta e so che nel suo intimo sta provando sensazioni bellissime. Un momento magico che ho vissuto anch'io tante volte in passato e so cosa vuol dire.
In zona ci sono i nostri amici Luca Bozzi e Giacarlo "Abi" Sironi. Con loro abbiamo deciso di fare subito la ripetizione della via e così ci troviamo alla base per ripartire. Abi dovrà rinunciare a causa di qualche problema tecnico. Così formiamo due cordate, per ritrovarci in cima qualche ora dopo col cuore gonfio di belle sensazioni.

Resta da dare un nome alla via. Il compito di trovarne alcuni era stato assegnato a ognuno di noi che deve fornirne due, di cui uno da eliminare subito di comune accordo. Ma l'ultima parola spetta al caso. Il comitato è fornito dal rifugio Rosalba e formato dalle gentili Mara e Silvia che preparano i fogliettini con i tre nomi prescelti. Il primo pescato sarà eliminato. Il secondo sarà il vincitore. Et voilà, "Martelli volanti" sarà. Si dice il peccato, non il peccatore!

NOTE SUL NOME
Abbastanza facile intuirne il significato: quando meno te lo aspetti, qualcosa prende il volo verso il basso. Questa volta era il turno del martello. No comment... Si sappia solo che poi l'abbiamo recuperato!

Giovanni Chiaffarelli


Metà giugno 2022: mi chiama Giovanni (detto Cliffarelli per l’arguzia nell’uso dei cliff): “Oh Fede, progetto estivo, andiamo a vedere la parte sinistra del Cecilia”; figurati se dico no a Gio: “considerami arruolato!”.
Partiamo sabato 9/7 carichi come muli, trapano (detto il “Bozzi” in onore del proprietario), martello, chiodi, friend; io mi sento un po’ come il mitico Aldo Travagliati (il piu’ grande apritore del Pizzo Boga!!) visto che sono senza Brav (la “o “ me la hanno rubata all’Esselunga) e prendo metro e treno per arrivare a Lecco. Siccome della parte sinistra sappiamo poco o niente, decidiamo di andare a vedere la via Berta che (Grigia docet) sembra essere l’unica via di quella zona di parete. Ravaniamo un po’ per trovare la prima sosta poi la fessura fino in cima è evidente; i gradi non tornano, qualche chiodo / spit lo troviamo, sta di fatto che c’è da fare l’ennesimo “chapeau” a Cassin per questa linea, soprattutto sull’ultimo tiro, dove uno spit messo proprio sul chiave è come un’ancora di salvataggio in mezzo ad un mare un po’ marciotto (ed è dato 4+!!). La linea nuova la intuiamo piu’ o meno; ci restano i dubbi su un tratto un po’ giallastro a metà parete.
Domenica ci raggiunge anche Marco, detto Kiaffo, che vuole rendersi conto dal vero di quanto sia folle (in senso simpatico) suo padre in apertura e attacchiamo in zona Pom d’Anouk. Gio sale un po’ e dopo 20 mt vediamo volare il martello (da qui l’origine del nome della via). I primi due tiri filano via bene, a parte qualche sasso da schivare, qualche spit (uno per tiro), qualche chiodo, protezioni veloci su gradi comunque potabili fino alla S2 in uno dei posti piu’ raccapriccianti che abbia mai visto in Grigna: una cengetta larga un metro piena di sassi mobili con una sola zona sana dove mettere due spit. Ci attende il tratto giallastro che temevamo dal giorno prima: un po’ di artif, un paio di chiodi, qualche fix; alla fine pochi metri nel giallo danno accesso al diedro finale che Gio aveva individuato come direttiva di via.
Torniamo il week-end successivo: sempre solita scena da salita come muli (con mio annesso viaggio in treno), questa volta anche con una bottiglia di Gin Bombay al ribes nero da donare (non penso durerà tanto..) a Mattia e Mara per l’ospitalità di lusso che ci offrono sempre in rifugio. Ripuliamo i primi tre tiri fino a inizio diedro, tirando giu’ qualche ciclope, poi il richiamo del Gin Bombay al Ribes nero è troppo forte e non vuoi farti un aperitivo al tramonto con quel ben di Dio???
Il giorno dopo, perfettamente lucidi (non solo in testa...) ci raggiunge Marco, risaliamo lo spigolo della Crocetta, ci caliamo fino alla sosta e Gio apre il diedro finale tutto a friend infischiandosene (giustamente direi!!) delle mie richieste di mettere qualche fix, ma giusto per far andare un po’ il “Bozzi”! Giusto lui, il proprietario del trapano, nonché apritore di “Mauro delle Montagne”, forse presagendo e annusando la novità della via (o magneticamente attratto dal suo trapano) è casualmente (????) in zona Cinquantenario domenica con Abi e con lui faccio la prima ripetizione della via, con davanti i Chiaffarelli (senior e junior).
Ah! dimenticavo: il nome della via “Martelli Volanti” è frutto di una mezza pantomima che abbiamo messo in piedi post apertura, con proposte di nomi di via dei tre apritori, con una severissima ed inflessibile commissione femminile formata da Mara e Silvia del Rosalba, col sorteggione ad eliminazione sui gradini del Rosalba per la scelta finale del nome: se non vi piace prendetevela col sottoscritto!

Federico Montagna

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