Il 15 ottobre (1905) i soci
rag. Mario Tedeschi e rag. Davide Valsecchi di Milano, colla guida
Bortolo
Sertori di Filorera-Valmasino, compivano il quinto intero percorso in
discesa
della Segantini1.
[….]
Con quest’ultima discesa fu dimostrato
finalmente la possibilità del
percorso dell’intera Cresta, senza aiuto di corda fissa. Ma chi non
conosce
l’onnipotente aderenza dei piedi nudi della brava guida Sertori?
La Segantini è la cresta occidentale della Grigna
Meridionale, mentre Bortolo
Sertori era quello che sulle piodesse di granito del Màsino si metteva
le
scarpe al collo, e poi saliva “de ungia” (a piedi nudi) passaggi assai
difficili.
Senz’altro favorito da una spessa cotenna sulla pianta dei piedi e
unghie da
camoscio. Un mix evidentemente piuttosto efficace nella scalata su
roccia, che
utilizzavano anche i giovani scalatori-operai lecchesi, solo per fare
un
esempio nostrano. Alcuni di loro avevano provato a scalare con le calze
(gli
scarponi chiodati, su certe difficoltà, non rendevano granchè: troppe
scintille…), ma venivano dissuasi dalle legnate somministrategli delle
madri,
furiose nel vedere disintegrati i preziosi indumenti. Il Bortolo, si
diceva,
saliva come uno stambecco sulle lisce placche, poi buttava il capo
della corda
al cliente sollevandolo praticamente di peso.
Sempre lui, era quello che giocava a carte con il Conte Aldo Bonacossa
nelle fumose bettole di Filorera e, quando perdeva, sbatteva il
cappello in
terra calpestandolo e mordendolo per la rabbia.
Il pezzo
introduttivo è tratto da “La Cresta Segantini (Gruppo
delle Grigne). 4° percorso in discesa e 1° in salita”, RM n. 11 del 15
dicembre
1905 - Vol. XXIV, pp 385-401, scritto sulla Rivista Mensile
del CAI da
Eugenio Moraschini, uno dei primi salitori con Giuseppe Clerici tra l’8
e il 9
ottobre 1905, pernottando in una misera tendina presso la sella alla
base della
parte finale della Cresta. Il loro obiettivo infatti era quello di
salire anche
le guglie a ovest del colle (Torri Moraschini, Casati e Palma), per
fare
l’“integrale”.
Il lungo articolo accompagna il lettore attraverso la cronaca della
prima ascensione della Segantini, percorsa per la prima volta (ma in
discesa) quattro
anni prima da Giacomo Casati del C.A.I. Milano. Un racconto ricco di
particolari e corredato da strepitosi disegni con il tracciato
dell’itinerario2,
fantastica testimonianza di una avventura
totale, a portata di treno da Milano.
La Grignetta è un terreno selvaggio e a quel tempo, fino all’avvento
della guida di Silvio Saglio3,
grandi incognite circondavano le innumerevoli guglie della montagna.
Cresta
Segantini in primis, tanto che era ritenuta inscalabile. Nell’articolo
il
Moraschini, avvalendosi del privilegio del primo salitore, battezza i
pinnacoli
della Cresta (Fu
dopo queste indimenticabili due giornate di scalate, che compresi
l’imminente
utilità di distinguere con nomi i vari punti della Cresta) e la Sella senza nome del bivacco con la tendina,
che proporrà di
intitolare a Davide Valsecchi, importante esponente della sezione di
Milano del
Club Alpino Italiano.
Questi milanesi infatti ci vedevano lungo, tanto da intuire il grande
successo che avrebbe riscosso l’itinerario della Segantini, e
l’importanza
strategica di un punto d’appoggio in quota su una montagna che, seppur
di altezza
modesta, presenta un ambiente molto severo. Come potevano testimoniare
le due
prime “vittime” della cresta... Il 1 e il 2 novembre
1902 Hans Ellensohn col socio Theodor Dietz tenta la discesa della
Cresta. Smarritisi
a causa di folte e continue nebbie ed accompagnati dalla pioggia (e, immagino,
anche dalle basse temperature… Ai primi di novembre in Grigna può fare
freddino) sono costretti a passar lassù quei due lunghi
giorni e le due tragiche notti, non senza aver visto il loro unico
sacco
precipitare giù da una balza. Cavandosela quindi per il rotto della cuffia….
Il Moraschini poi scrive:
Il Colle Valsecchi, dunque, può essere ritenuto come il miglior punto
alpinisticamente strategico di tutto il lato ovest della Grigna
Meridionale ed
in particolar modo della Cresta Segantini. [….] L’idea di uno speciale rifugio in
quella fortunata località si impose subito a noi, [….], vincitori della cresta; e poiché le
buone idee sempre riescono ad imporsi, un altro ammiratore entusiasta,
il
collega Davide Valsecchi, credette opportuno [….] porre fin d’ora a disposizione della
Sezione di Milano una completa capanna da costruirsi nella primavera
del 1906 e
da inaugurarsi in quel mese di giugno (che poi slitterà a
luglio, e sarà eretta circa duecento metri più in basso). Non
è da dire come
il dono munifico (che comprendeva anche tutti gli arredi,
come
puntualizzerà il Tedeschi nel resoconto dell’inaugurazione)
sia stato
accolto da unanimi approvazioni e lodi. E ti credo… Dove lo
trovi un altro
così generoso?
Valsecchi commissiona
un prefabbricato di legno di 16mq, i cui elementi vengono costruiti a
Milano sotto
la direzione dell’ingegner Giovani Alfieri. Lo monta per prova nel
giardino
della sua villa di Cesana Brianza, e ai primi di luglio fa trasportare
a spalla
i pannelli rivestiti di lamiere zincate fin nei pressi del Colle del
Pertusio, a 1720m sulla cresta occidentale della Grignetta, un luogo decisamente
più accogliente rispetto al selvatico Colle della tendina. Supervisiona
inoltre
tutte le fasi del montaggio, e la costruzione è pronta la sera del 14
luglio4.
Il giorno successivo, 15 luglio 1906, si svolge l’inaugurazione, con
tanto di verbale di
consegna per il passaggio di proprietà al C.A.I. Milano, beneficiario
della
donazione, che dedica la capanna alla figlioletta del Valsecchi, Rosalba5.
Mario Tedeschi sulla RM 1906 racconta questa giornata a cui
partecipano 40 soci del CAI Milano con la Direzione della Sezione al
completo, i
rappresentati del CAI Lecco, Sondrio, Como, Monza, della SAT e del
Comune di
Mandello. Più un certo numero di alpigiani. In pratica: una marea di
gente. La
giornata è ricca di iniziative, a partire dalla messa celebrata dal
parroco di
Mandello (è domenica) e solennizzata dalle note dell’ ”Ave Maria” di
Gounod,
diffuse da un fonografo trasportato in Grigna per l’occasione. La
signora Cecilia,
moglie del Valsecchi e madrina della cerimonia, rompe la classica
bottiglia di
champagne contro il muro della capanna, e offre ai convitati i dolci
fatti in
casa (in casa sua), immagino in quantità industriale. Intanto la
piccola Rosalba,
un angioletto biondo di 14 mesi,
portata in braccio da papà Davide fino
al Colle, sorride tranquilla e silenziosa,
nonostante, possiamo
immaginare, il baccano infernale della numerosa e rumorosa compagnia
che grida
a squarciagola gli innumerevoli brindisi, canta, mangia e beve con
grande
impegno, con il sottofondo del fonografo che spara le note dell’
“Esultate” a
tutto volume.
Alla fine la comitiva riesce
miracolosamente a scendere a valle, un po’ verso il lago, un po’ verso
i
Resinelli. L’ultima a lasciare il rifugio, portata a braccia
dal padre, fu
la gentile Rosalba, la bionda e piccola fata del rifugio. La
memorabile
giornata finisce in gloria all’albergo Mazzoleni a Lecco, dove gli
irriducibili
dell’allegra brigata si ritrovano… a mangiare e bere.
La
capanna in costruzione
Qualche settimana prima, a giugno, Valsecchi aveva
convinto un
muratore occupato nella costruzione della capanna, a seguirlo su per le
placche
alte una quarantina di metri della parete nord della massiccia
struttura
rocciosa di fronte al rifugio, non molto ripide ma nemmeno banali.
Compie così
la prima ascensione del torrione, che dedica alla moglie: “è la mamma
che cura la
tosa“, commenta argutamente il professor Brentari, come riporta il
Tedeschi; cioè
è la sciura Cecilia che tiene d’occhio la bambina, Rosalba.
Considerando che
anche il sentiero che verrà attrezzato, sempre dal
CAI Milano, al piede della Segantini verrà dedicato a Cecilia, si
può dire che il Valsecchi abbia assicurato a imperitura memoria il nome
suo e
dei suoi cari.
Una nota infine sulla via Berta, ripetuta da
Giovanni Chiaffarelli e
Federico Montagna in occasione della perlustrazione per la loro via
nuova. Vale
la pena riportare le parole di Riccardo Cassin che ne compie la prima
ascensione il 20 maggio 1934 con Luigi Pozzi (Bastianèl)
… un mio
allievo. Non ha ancora 19 anni, ed è leggero e sicuro, con l’occhio
acuto e i
muscoli pronti allo scatto (sembra la descrizione di un
pugile. Forse una
reminescenza del Riccardo che aveva boxato ad un buon livello).
Un’inesauribile carica di entusiasmo e la risata spontanea lo rendono
particolarmente simpatico6.
Sul Cecilia (a cui, chissà perché, è usanza riferirsi al maschile) si
sono succeduti tanti scalatori, le cui salite testimoniano l’evoluzione
dello
stile dell’arrampicata in Grigna. Spicca tra queste una via del 1923
sul
versante nord; non tanto per le caratteristiche tecniche, quanto per il
prestigio
di uno dei salitori: Dino Buzzati.
1Sul sito del
CAI Mandello, nel capitolo dedicato al rifugio Rosalba, compare una
nota
relativa a questa discesa (nota puntualmente copia-e-incollata da altri
siti
senza citarne l’origine):[….]La sua storia inizia nei
primi anni del ‘900 quando 3 celebri alpinisti: Davide Valsecchi, Mario
Tedeschi
con la guida B. Sertoli, tentarono e portarono a termine tutto il
percorso
della cresta Segantini. [….] gli alpinisti percorsero una discesa di ben 18
ore che fece pensare all’utilità di un bivacco posto proprio nella zona
del
Colle del Pertusio. Ho cercato, senza successo,
un riferimento al tempo impiegato per questa discesa sui resoconti
originali. Non
escludo ovviamente che questa nota esista; tuttavia, non avendo il sito
in questione
dichiarato la fonte ed io non avendola trovata, ometto questo
particolare in
attesa di approfondimenti.
2 L’articolo della
RM è stato riportato nella Mostra Le guide di Carta
di Alberto Benini e
Pietro Corti; elaborazione grafica di Marta Cassin, 2020. Mostra
realizzata per
conto della Sezione “Riccardo Cassin” di Lecco del CAI, nell’ambito
della
rassegna “Monti sorgenti”.
3 Le Grigne, collana
Guida dei Monti d’Italia CAI TCI, Milano – 1937
4 Informazioni
prese dai resoconti riportati sulla RM
5 Dopo una serie
di modifiche, il rifugio risulterà sempre più inadeguato ad ospitare la
massa
imponente di persone che salgono al Colle del Pertusio, il più delle
volte come
meta a sé stante, giusto per mangiare una pastasciutta e godersi la
meravigliosa
vista circostante. Nel
1955 viene
inaugurato l’attuale rifugio, di proprietà del CAI Grigne – Sezione di
Mandello
del Lario, e la vecchia capanna viene abbandonata, per
essere poi
definitivamente smantellata e smaltita. Me la ricordo vagamente,
ridotta ad un
locale-spazzatura. Altro desolante esempio di mancanza di cura per il
territorio;
sarebbe senz’altro valsa la pena ristrutturarla e conservarla come
avrebbe meritato.
Magari trasportandola a valle, se nel suo luogo originale dava fastidio
perché
rubava il posto ai gitanti stravaccati al sole, o, più recentemente, a
spettacoli di vario genere. Eppure, la conservazione di quel manufatto
avrebbe
rappresentato un’importante operazione culturale, volta a tenere vive
le più
belle testimonianze delle origini dell’alpinismo lombardo (e italiano).
Peccato.
6 Da: “In Grigna!”
di Riccardo Cassin, scritti dal ‘58 al ’99. Supplemento di Meridiani
Montagne,
maggio 2007, a cura di Matteo Serafin per l’Editoriale Domus – Milano.
Pietro Corti
GRIGNA
MERIDIONALE - TORRE CECILIA 1800 m
In occasione dell’apertura di una via sulla Torre
Cecilia, Giovanni
Chiaffarelli e Federico Montagna ripetono la via Berta di Riccardo
Cassin, che sale
la linea di diedri a destra del vertiginoso pilastro dove hanno
individuato la
nuova possibilità. La “Berta” è un itinerario quasi dimenticato, con
passaggi molto
arditi soprattutto se messi in relazione alla povera attrezzatura
dell’epoca. Corda
di canapa, una manciata di chiodi fatti a mano in officina e qualche
moschettone
di ferro; ai piedi, le pedule con la suola di corda. Ma Riccardo e
compagni avevano
la cosiddetta marcia in più: una determinazione ed un allenamento
fenomenali.
Nessuna seduta in palestra, però. Semplicemente, dodici ore al giorno
per 6
giorni alla settimana in stabilimento. Ed ovviamente 20 anni di età o
giù di lì.
Questa è la leggenda dei giovani operai scalatori lecchesi; una storia
comune ad
altre zone, ma che a Lecco ha trovato terreno particolarmente
favorevole: le
montagne fuori dalla porta di casa.
A destra delle due vie sale la bella “Pom d’Anouk”, che molto
probabilmente
ricalca in buona parte l’itinerario aperto il 13 maggio 1934, una
settimana prima
della Berta, dal fuoriclasse lecchese Vittorio Panzeri con Francesco
Polvara e
Bruno Citterio. Le notizie sono riportate su “Il Popolo di Lecco” del
19.05.1934
p.6, del 26.05.1934 p.6 e del 02.06.1934 p.4; quest’ultimo con foto e
tracciati
della Berta e della Panzeri. Difficile stabilire l’esatto percorso di
quest’ultima
rispetto a Pom d’Anouk; certamente Panzeri in quell’occasione ha
dimostrato una
volta di più le sue capacità. Resta la domanda: perché la via è rimasta
esclusa
dalla guida Saglio del 1937? Onore al merito a Marco Mela
Corti, Anouk
Tanchis e Daniele Bariffi di averla riscoperta il 12.7.1998.
Dopo la ricognizione, i due Chiaffarelli (sr e jr)
con Federico Montagna aprono quindi il loro nuovo itinerario che si
rivela
molto bello e godibile. Da ricordare altre realizzazioni recenti sul
Cecilia:DONNA
SANDRA di Federico Montagna e Giovanni Chiaffarelli,
terminata il 12.09.2016, MAURO
DELLE MONTAGNE di Federico Montagna, Luca Bozzi e Giovanni
Chiaffarelli, il 12/13.08.2017
e FAHRENHEIT
451 di Saverio De Toffol, Jorge Palacios e Fabio
Milanesi, terminata il 5 luglio 2019. Tutte aperte dal basso con chiodi
e fix.
Periodo Estate; sole al
pomeriggio. Ambiente alpino; attenzione alla meteo: pericolo di
temporali improvvisi.
Accesso Da Lecco salire ai Piani dei Resinelli.
Oltrepassato il piazzale-parcheggio, si prende la strada che sale a dx
appena prima della chiesetta, svoltando a sx al primo bivio per
scendere all'ex rifugio Alippi, a monte del quale si dirama a dx una
sterrata (via alle Foppe) che porta all'inizio del Sentiero delle Foppe
per il Rifugio Rosalba (n° 9). L’accesso alla sterrata è vietato; prima
di imboccarla bisogna parcheggiare a lato della strada asfaltata,
oppure molto più sopra, presso la fonte della Carlanta. Cioè: uno dei
rifugi più frequentati delle Prealpi Lombarde, non ha un parcheggio
dedicato! Seguire il sentiero fino al rifugio, ore 1,30. Dalla Rosalba
ridiscendere lungo il versante di salita per larga traccia ghiaiosa,
tendendo a sx viso a valle verso la base del Cecilia; attraversare
quindi un canale, portandosi contro la parete sotto un caminetto.
Salirlo per pochi metri, stando poi sulla sponda dx fino ad una sosta
con catena (10m, III+). Traversare ora a dx su placche adagiate fino
alla costola di un canale. Risalirla verso sx portandosi nel canale
detritico, che si segue fino alla partenza di Pom d’Anouk (scritta
sbiadita alla base). Poco prima si nota una
fettuccia viola: partenza della via Berta e di Martelli volanti. 30
minuti circa dal rifugio.
Relazioni basate sui dati di Giovanni
Chiaffarelli, si
ringrazia anche Federico Montagna
Foto ed
elaborazione grafica Giovanni Chiaffarelli
VIA BERTA
Itinerario
storico sulla parete ovest-sud-ovest dello spigolo nord-ovest della Torre
Cecilia. Via alpinistica, con roccia discreta su L1 e L2, non ottima e da
verificare sulla fessura di L3. La relazione proposta non concorda con quella
riportata su “Le Grigne” di Eugenio Pesci (Guida dei Monti d’Italia CAI – TCI, 1998)
che valuta IV grado l’ultimo tiro e V il terzo. Relazione aggiornata di Giovanni
Chiaffarelli e Federico Montagna in occasione della ripetizione del 09/07/2022. È necessaria una solida
esperienza alpinistica. Bisogna saper valutare la qualità della roccia ed essere
in grado di proteggersi: gli ancoraggi in loco sono scarsi e obsoleti.
Chiodatura Sulla via sono
stati trovati tre fix vecchi (più o meno anni 90) su S1, S3, e sul passo chiave
di L3, e qualche chiodo. Necessari friend medio grandi fino al 4 BD, cordini, 2
corde da 60m. Casco.
Primi salitori Riccardo
Cassin e Luigi Pozzi Bastianèl, 20 maggio 1934. Davvero rimarchevole il tratto
obbligato su L3, valutabile nell’ordine del VI grado (da non confondere con il
5c), a riprova della classe di Riccardo Cassin. Prima solitaria (probabile):
Ivan Guerini, 18 novembre 1978, concatenando in giornata anche la via Fanny e
la via dei Trentini.
L1 IV 30m 1
clessidra; 1 ch. e 1 fix vecchi di sosta. Salire su facili
rocce articolate (qualche tratto instabile) fino ad un grosso spuntone, dove serve
un cordino lungo per proteggersi. Continuare più o meno dritti (se si prosegue
a dx si finisce su “Martelli volanti”) per poi iniziare a obliquare lungamente
a sx (si incontra una clessidra con vecchio cordone) fino ad una sosta in una
nicchia giallastra, proprio a fianco dello strapiombo. Questa lunghezza costituisce
una variante. L’ originale Berta dal canale detritico di partenza risale il
canale di sx puntando allo strapiombo, per poi arrivare alla nicchia. Sconsigliabile:
roccia cattiva.
L2 V 30m 1
clessidra, 1ch.; 2 ch. vecchi di sosta. Traversare a dx (antico
chiodo con moschettone), incrociando “Martelli volanti” (clessidra cordonata);
obliquare sempre a dx fino ad entrare nella fessura-camino, direttiva di via. Seguirla
lungamente fino ad una nicchia sotto una fessura.
L3 VI+ 15m 1 ch.
e 1 fix vecchi, 1 cordino vecchio; 1 ch. e 1 fix vecchi di sosta. Alzarsi (attenzione
alla scarsa qualità della roccia) con un giro a dx fino ad un chiodo vecchio, poi
incastrarsi nella fessura nera di sx fino ad un fix vecchio. Necessari friend
grandi (fino al 4 BD) per proteggere la fessura. Rimontare una strozzatura fino
a un vecchio cordino e sasso incastrato e uscire al di sopra (passo chiave)
alla sosta.
L4 V- 15m 2 resinati
con catena di sosta. Proseguire nella fessura-camino fino in
cresta, sbucando sullo Spigolo della Crocetta. L3 e L4 sono concatenabili senza
problemi.
Discesa: proseguire per la crestina lungo l’ultimo tiro
dello Spigolo della Crocetta (III grado, 15m circa) di Arturo Andreoletti, Carlo
Prochownick e Serafino Alfieri il 14 novembre 1909, fino alla sommità. Si segue
poi la traccia che scende a sx alla sella dove esce la via normale. Assicurarsi
ad un resinato per sporgersi a prendere il punto di calata (appeso) per una
doppia da 50m fin nel canalino detritico della forcella Torre Rosalba-Cecilia. Scendere
al rifugio.
Itinerario di
stampo alpinistico sulla parete ovest-sud-ovest dello spigolo nord-ovest della
Torre Cecilia. La via sfrutta uno sperone di roccia grigia di ottima qualità a
sinistra di Pom d'Anouk, per tendere verso sx al di sopra di un enorme antro.
Un breve tratto di roccia giallastra e poco solida permette di inserirsi in un
bellissimo diedro perfetto, che conduce verso l'uscita sullo spigolo NO. In
corrispondenza dell'inizio del secondo tiro si interseca la via Berta che
proviene da sx. È necessaria una solida
esperienza alpinistica. Bisogna saper valutare la qualità della roccia, ed essere
in grado di integrare efficacemente le protezioni in caso di necessità.
Chiodatura Attrezzatura
mista a chiodi e fix, da integrare con protezioni veloci lungo tutto il
percorso. Portare 12 rinvii, ampia serie di friends (BD4 utile), cordini, 2 corde
da 60 m. Casco.
Primi salitori Marco e Giovanni
Chiaffarelli, Federico Montagna, terminata il 17.07.2022. Ripetuta e liberata lo
stesso giorno dagli apritori, insieme a Luca Bozzi.
L1 5c 30m 1
clessidra, 2 ch., 1 fix; 2 fix di sosta. Salire su facili rocce
articolate (qualche tratto instabile) fino ad un grosso spuntone, dove serve un
cordino lungo per proteggersi). Continuare ancora dritti e leggermente a dx
fino a un chiodo, dove la parete si fa più verticale. Salire a dx (fix), poi verso
sx forzando un muretto atletico e si prosegue diritto (tratto sprotetto) fino a
una clessidra cordonata e alla S1 poco sopra.
L2 6a 40m 1
clessidra, 4 ch., 1 fix; 2 fix di sosta. Salire ad una
clessidra cordonata (incrocio con la Berta) e proseguire in obliquo a sx su roccia
manigliata, aggirando uno spigoletto (ch.). Proseguire in verticale (fix) ed in
obliquo a sx con passo obbligato più impegnativo, per ristabilirsi su buone
prese e appoggi (ch.). Ancora in verticale qualche metro, poi traversare decisamente
a sx (ch.) per raggiungere un diedro incassato che porta ad una cengia detritica.
L3 6c 10m 2
ch., 4 fix; 2 fix di sosta con maillon per la calata. Forzare la pancia
soprastante in obliquo a dx (breve tratto di roccia instabile, parzialmente
ripulito) e proseguire dritti con bei movimenti tecnici (vari fix e ch.). Con
passo obbligato superare uno strapiombino fino ad un vago terrazzino. S3
facoltativa all'inizio di un evidente diedro.
L4 5c 20m 3
ch.; 2 resinati con catena di sosta. Risalire il diedro per intero con
bellissima arrampicata tecnica (3 ch.). Forzare la fessura finale e con un bel
passaggio uscire al di sopra su terreno più facile. Proseguire dritti fino allo
spigolo NO e alla S4 con catena (Spigolo della Crocetta).
Discesa: in doppia
sulla via. Prima calata da 20m fino all’inizio del diedro finale. Seconda da
60m esatti, parzialmente nel vuoto, fino alla partenza. Poi ripercorrere a
ritroso l'approccio. Attenzione: calate molto aeree… Fare i nodi in fondo
alle corde.
In alternativa:
proseguire per la crestina lungo l’ultimo tiro dello Spigolo della Crocetta (III
grado, 15m circa), fino alla sommità. Si segue poi la traccia che scende a sx alla
sella dove esce la via normale. Assicurarsi ad un resinato per sporgersi a prendere
il punto di calata (appeso) per una doppia da 50m fin nel canalino detritico della
forcella Torre Rosalba-Cecilia. Scendere al rifugio.
Note: la via è
stata aperta in due giorni. Una buona pulizia è stata fatta a più riprese, ma
trattandosi di parete vergine, con qualche tratto meno solido, occorre sempre
prestare attenzione. Il diedro finale è stato salito con un chiodo e protezioni
rapide. In discesa sono poi stati aggiunti due chiodi.
17.07.2022 ore 11.44,
esco in cresta al Torrione Cecilia e urlo "Molla tutto!", ordine che
i miei due compagni 20 metri più sotto eseguono all'istante e si accingono a
scalare quest'ultimo bellissimo tiro, un diedro perfetto. Una linea che avevo
intravisto anni fa e avevo messo nel cassetto mentale il progetto, da riprendere
eventualmente in futuro.
La BERTA Cassin era salito da
quelle parti negli anni 30 e la via prese il nome di "Berta",
descritta in modi un po' generici in parecchie guide delle Grigne. Sicché, non avendo
informazioni dettagliate e sicure su questo storico itinerario, decidiamo di
lanciare il nuovo progetto soltanto dopo averlo ripetuto. Col fido Federico
Montagna eccoci all'attacco, uno sperone semi-appoggiato di roccia un po'
malsicura ma facile che seguiamo finché non andiamo a sbattere contro una sosta
attrezzata con un fix e un chiodo! Roba di parecchi anni fa, direi anni 90.
Traversiamo tutto a destra e ci infiliamo in una fessura-diedro abbastanza
tranquilla fino ad altra sosta attrezzata con due chiodi ottimi. Sopra di noi
si allunga un camino-fessura dall'aspetto inquietante. Salgo alcuni metri e
trovo un chiodo, ne salgo parecchi altri e, quando comincio a preoccuparmi per
la qualità scadente della roccia e l'impossibilità di proteggermi, appare
davanti a me un altro fix anni 90! Il passo successivo non è certo di IV grado
come citano le guide, bensì un bel VI+ sparato, decisamente fisico. Comunque
esco in cresta e anche questa è andata. Intanto abbiamo capito
che il nostro progetto è realizzabile, probabilmente su ottima roccia per la
maggior parte del tracciato.
MARTELLI VOLANTI Domenica 10 luglio.
Novità di quest'anno è una new entry: il mio primogenito Marco, detto Kiaffo o
anche Jr, ha accettato con gioia l'invito a partecipare a quest'avventura. Il progetto vuole essere
di tipo misto: trad e chiodi il più possibile, fix dove opportuno; soste a fix. La linea segue uno
sperone grigio, interseca la Berta e prosegue lungamente oltre, traversa a
sinistra e risale fino a una cengia detritica alla base di una zona giallastra
(l'incognita maggiore), per andare a infilarsi in un diedro perfetto che porta
in cresta. Abbastanza rapidamente di
ritroviamo in tre alla cengia detritica, con uno sguardo preoccupato rivolto
verso il prosieguo, pochi metri bruttini. Fin qui è andato tutto liscio: i due
tiri ci hanno regalato un'arrampicata elegante su buoni appigli, qualche passo
più impegnativo, ma difficoltà tranquille. Parto ora su questa pancia friabile
opprimente. Fix, chiodo bruttino, mi appendo, si piega... martello martello
martello, mi appendo, regge. Fiut. Altro fix, chiodino, tiene, la roccia
migliora sensibilmente, arrivo sotto uno strapiombino, fix, esco sopra con
passo molto bello e approdo a un terrazzino. Roccia da urlo. Piazzo un fix e
torno dai miei soci. Ci caliamo con una lunga doppia nel vuoto di 60 metri. Il
materiale è esaurito e quindi si torna il prossimo weekend per finire.
Domenica 17 luglio.
Rieccoci qui radunati alla sommità della parete su una delle soste dello Spigolo
della Crocetta, bella vietta divertente, a torto poco seguita a vantaggio di
altre classiche del Cecilia. Fede scende per primo e,
con sorpresa di tutti, si accorge che l'ultimo tiro non è poi così lungo, ma
all'apparenza molto bello. Piazza un fix di sosta ed entrambi lo raggiungiamo
alla base di questo bel diedro. Parto con decisione e
piazzo subito un bel chiodo. Poi le fessure appaiono una dopo l'altra, mi
proteggo molto bene con i friend, seguono movimenti in spaccata eleganti e
divertenti. Un'ultima fessura aggettante mi regala un bellissimo passaggio che dà
accesso a una zona facile, ultimi metri verso la cresta e in un attimo sono
alla sosta della Spigolo. Lancio un urlo di gioia. Sono le 11.44 del 17 luglio
2022
Recupero i soci che
velocemente mi raggiungono e ci stringiamo la mano felici. Per Marco è una
prima volta e so che nel suo intimo sta provando sensazioni bellissime. Un
momento magico che ho vissuto anch'io tante volte in passato e so cosa vuol
dire. In zona ci sono i nostri
amici Luca Bozzi e Giacarlo "Abi" Sironi. Con loro abbiamo deciso di
fare subito la ripetizione della via e così ci troviamo alla base per
ripartire. Abi dovrà rinunciare a causa di qualche problema tecnico. Così
formiamo due cordate, per ritrovarci in cima qualche ora dopo col cuore gonfio
di belle sensazioni.
Resta da dare un nome
alla via. Il compito di trovarne alcuni era stato assegnato a ognuno di noi che
deve fornirne due, di cui uno da eliminare subito di comune accordo. Ma
l'ultima parola spetta al caso. Il comitato è fornito dal rifugio Rosalba e
formato dalle gentili Mara e Silvia che preparano i fogliettini con i tre nomi
prescelti. Il primo pescato sarà eliminato. Il secondo sarà il vincitore. Et
voilà, "Martelli volanti" sarà. Si dice il peccato, non il peccatore!
NOTE SUL NOME Abbastanza facile
intuirne il significato: quando meno te lo aspetti, qualcosa prende il volo
verso il basso. Questa volta era il turno del martello. No comment... Si sappia
solo che poi l'abbiamo recuperato!
Giovanni
Chiaffarelli
Metà giugno
2022: mi chiama Giovanni (detto Cliffarelli per l’arguzia nell’uso dei cliff):
“Oh Fede, progetto estivo, andiamo a vedere la parte sinistra del Cecilia”;
figurati se dico no a Gio: “considerami arruolato!”. Partiamo
sabato 9/7 carichi come muli, trapano (detto il “Bozzi” in onore del
proprietario), martello, chiodi, friend; io mi sento un po’ come il mitico Aldo
Travagliati (il piu’ grande apritore del Pizzo Boga!!) visto che sono senza
Brav (la “o “ me la hanno rubata all’Esselunga) e prendo metro e treno per
arrivare a Lecco. Siccome della parte sinistra sappiamo poco o niente,
decidiamo di andare a vedere la via Berta che (Grigia docet) sembra essere
l’unica via di quella zona di parete. Ravaniamo un po’ per trovare la prima
sosta poi la fessura fino in cima è evidente; i gradi non tornano, qualche
chiodo / spit lo troviamo, sta di fatto che c’è da fare l’ennesimo “chapeau” a
Cassin per questa linea, soprattutto sull’ultimo tiro, dove uno spit messo
proprio sul chiave è come un’ancora di salvataggio in mezzo ad un mare un po’
marciotto (ed è dato 4+!!). La linea nuova la intuiamo piu’ o meno; ci restano
i dubbi su un tratto un po’ giallastro a metà parete. Domenica ci
raggiunge anche Marco, detto Kiaffo, che vuole rendersi conto dal vero di
quanto sia folle (in senso simpatico) suo padre in apertura e attacchiamo in
zona Pom d’Anouk. Gio sale un po’ e dopo 20 mt vediamo volare il martello (da
qui l’origine del nome della via). I primi due tiri filano via bene, a parte
qualche sasso da schivare, qualche spit (uno per tiro), qualche chiodo,
protezioni veloci su gradi comunque potabili fino alla S2 in uno dei posti piu’
raccapriccianti che abbia mai visto in Grigna: una cengetta larga un metro
piena di sassi mobili con una sola zona sana dove mettere due spit. Ci attende
il tratto giallastro che temevamo dal giorno prima: un po’ di artif, un paio di
chiodi, qualche fix; alla fine pochi metri nel giallo danno accesso al diedro
finale che Gio aveva individuato come direttiva di via. Torniamo il
week-end successivo: sempre solita scena da salita come muli (con mio annesso
viaggio in treno), questa volta anche con una bottiglia di Gin Bombay al ribes
nero da donare (non penso durerà tanto..) a Mattia e Mara per l’ospitalità di
lusso che ci offrono sempre in rifugio. Ripuliamo i primi tre tiri fino a
inizio diedro, tirando giu’ qualche ciclope, poi il richiamo del Gin Bombay al
Ribes nero è troppo forte e non vuoi farti un aperitivo al tramonto con quel
ben di Dio??? Il giorno
dopo, perfettamente lucidi (non solo in testa...) ci raggiunge Marco, risaliamo
lo spigolo della Crocetta, ci caliamo fino alla sosta e Gio apre il diedro
finale tutto a friend infischiandosene (giustamente direi!!) delle mie
richieste di mettere qualche fix, ma giusto per far andare un po’ il “Bozzi”!
Giusto lui, il proprietario del trapano, nonché apritore di “Mauro delle
Montagne”, forse presagendo e annusando la novità della via (o magneticamente
attratto dal suo trapano) è casualmente (????) in zona Cinquantenario domenica con
Abi e con lui faccio la prima ripetizione della via, con davanti i Chiaffarelli
(senior e junior). Ah!
dimenticavo: il nome della via “Martelli Volanti” è frutto di una mezza
pantomima che abbiamo messo in piedi post apertura, con proposte di nomi di via
dei tre apritori, con una severissima ed inflessibile commissione femminile
formata da Mara e Silvia del Rosalba, col sorteggione ad eliminazione sui
gradini del Rosalba per la scelta finale del nome: se non vi piace prendetevela
col sottoscritto!