La Piramide Casati,
sulla cresta occidentale della Grignetta tra il Colle Garibaldi e il Colle
Valsecchi, è un massiccio castello roccioso con notevoli pareti e spigoli, che ben
rappresentano i diversi stili di apertura che si sono succeduti nel tempo sulla
Grigna. La prima salita, sul breve
e facile (II) versante nord est, risale all’8.11.1903 da parte del dott. Carlo
Porta, nipote omonimo del poeta milanese, ed Emilio Buzzi. Un mese dopo viene
eretta sulla sommità una piramide di lamiera alta 3 metri sormontata da una
stella, in onore di Giacomo Casati, notaio milanese e importante esponente del
C.A.I. Milano da poco deceduto sul Monte Rosa. Casati è quello che ha
affrontato per primo la Cresta Segantini nel 1901, da solo e in discesa, ed è il
vincitore del “Traversino” dei Magnaghi… Quarto grado superiore, sempre nel
1901. La via normale rimase
per lungo tempo attrezzata con del filo metallico; fatto curioso ma non isolato
in Grigna, se pensiamo ai gradini di ferro (oggi scomparsi per un franamento) infissi
sulla prima parte dello Spigolo APE al Teresita. Sui camini della Casati vennero
poi aperte alcune delle vie più difficili della Grignetta prima della Grande
Guerra. Una scalata “antica”,
quella nei camini, spesso permeati dall’odore di terra e muschio, preferiti dai
pionieri in quanto, oltre a costituire le naturali linee di debolezza delle
pareti, danno l’illusione di essere più protetti. E poi è facile trovare buoni
punti di sosta sui grandi massi incastrati, che tuttavia obbligano a pericolose
evoluzioni quando, per superarli, bisogna buttarsi in fuori. E’ il 19 giugno 1910 quando
i milanesi Arturo Andreoletti1e Carlo
Prochownick vincono la bellissima parete nord ovest sul suo limite destro, lungo
una profonda fenditura a mo' di “Y” rovesciata; una
salita incredibile, se rapportata ai materiali e alle tecniche rudimentali
dell’epoca. Anche noi fummo conquisi [sic] dalla
bella parete NO della Piramide , venendo a poco a poco nella convinzione che un’ascensione
per quella faccia avrebbe dovuto essere possibile, e costituire nella stesso
tempo la più importante scalata per roccia delle due Grigne. I fatti ci diedero
pienamente ragione2. I due partono nel
ramo di sinistra, stretto e incassato, superando passaggi di appoggio e strapiombi malagevoli; tradotto: delle
perfide strozzature. Poi traversano a sinistra la parete verticale e povera di appigli, rientrando a destra sulla
sommità del pilastro che divide i due rami. A questo punto, abbandonano un anello
di corda e si calano per 7 metri sul fondo del camino di destra, finendo tra i
resti maleodoranti dei corvi che abitano da quelle parti. Proseguono nel camino
con le pareti tappezzate di muschio vincendo altre malevole strozzature, finché
sbattono contro un masso-grotta che li blocca. La prosecuzione è sulla destra,
ma non è come dirlo. Lanciano la corda a cavallo di uno spuntoncino che, non
appena lo saggiano prima di appendersi (ottima idea), cede e precipita in un unico volo fino alla base della torre,
tanto è ripida la parete. Allora il “primo” (presumibilmente l’Andreoletti) sale
sulle spalle del compagno ed entra in una stretta spaccatura, da cui esce con pericolose
contorsioni e, sempre presumibilmente, con vigorosi moccoli, guadagnando con
altri passaggi temerari il terreno più facile. Raggiungono così la cresta
sommitale, dopo quattro ore di lotta sui circa 120 metri di parete con
difficoltà fino al V grado. La scalata
richiese così lungo tempo perché dovemmo più volte assicurarci vicendevolmente con anelli di corda e chiodi da parete… Allora
non si usavano ancora né i moschettoni, né le manovre di corda come le
conosciamo oggi3. Tra il 1922 e il 1923
Serafino Carugati detto Gino (Milano 1885 – Mandello 19564),
personaggio di spicco dell’alpinismo pionieristico nelle Grigne, sale con Guido
Bianchi Porro e poi con Fanny Guzzi i camini delle pareti est e sud est e la
parete ovest sud ovest, incontrando un po’ di tutto... Perfetti
camini dolomitici e tratti di divertente
scalata, dovendo soprapassare o
sottopassare alcuni massi incastrati. Il tutto“senza rete”, ovvero senza chiodi, a parte sulla via del camino dove
sul delicato traverso finale è opportuno
un chiodo di sicurezza contro eventualità aviatorie; III e IV. Nel settembre 1923, i
fratelli milanesi Attilio e Giuseppina Porro compiono un’impresa straordinaria
salendo l’elegante camino rettilineo della parete sud ovest, interrotto a metà
da un marcato tetto vinto con un passaggio molto tecnico, a quanto si legge sulla
guida del Saglio. Si attacca il camino
alzandosi d’appoggio sulle pareti verticali e lisce. Dopo 70metri […] si giunge nel punto in cui la parete di
sinistra presenta una specie di grande mensola sporgente per qualche metro. La
fessura […] si stringe tanto da non
contenere altro che un braccio, e obbliga spesso a spostarsi in fuori. Con la
schiena alla parete di destra e i piedi a un alto e lontano appoggio sulla
mensola, ci si alza un paio di metri, quanto basta per rientrare nella fessura,
(passaggio difficilissimo)... Le difficoltà sono ormai terminate, ma avviene
un incidente causato da un masso. La situazione doveva essere piuttosto seria
se i due, piuttosto che percorrere le ultime decine di metri, ormai facili, per
poi scendere dalla normale, decidono di calarsi a corda doppia sulla via per
150 metri verticali, col braccio destro di Giuseppina spezzato, appeso al collo con la corda di sicurezza.La via viene terminata da Lucio Lucini
e Mario Ripani nel 1927, ma sulle guide viene sempre giustamente indicata come “Camino
Porro”; V. Nel 1933 Benvenuto
Basili e Francesco Confortini aprono la via Balfrin sullo spigolo sud (una via che
non ebbe gran fortuna) di 200m di dislivello, che il Saglio valuta Straordinariamente difficile (5). I due
dedicano simpaticamente la via alla “Squadra d’azione Carnaro”5, una delle
tante squadracce nere di quell’infausto periodo. Nell’ottobre di
quello stesso anno il “Gatto della Grigna”, il formidabile scalatore lecchese originario
di Zogno Giovanni Gandini, sale con il suo cliente Conte Ugo Ottolenghi di
Vallepiana lo spigolo del Camino Porro; IV+6. Nel 1930 viene salita
la parete nord ovest lungo la linea di camini sulla sinistra, in seguito spesso
ripetuta per la bellezza dell’arrampicata; IV+. Dei due primi salitori, Leopoldo Gasparotto e l’americano Alberto Rand
Herron, di particolare interesse è la figura di Gasparotto. Alpinista ed
esploratore (Milano 1902 – Fossoli 1944), durante la Resistenza comanda le
formazioni partigiane lombarde di “Giustizia e Libertà”. Catturato a fine
aprile 1944 e internato nel campo di prigionia della Repubblica Sociale
Italiana a Fossoli, il 22 giugno viene prelevato e portato in aperta campagna,
dove viene assassinato con una raffica di mitra alle spalle, nel miglior stile
nazifascista7. Dalla fine degli anni ’60 viene esplorata in
dettaglio la parete nord ovest, una delle più belle della Grigna. Dapprima, nel
1969, Giuliano Occhiali e Vittorio Meles aprono la via Magni, VI-8, e nel 1977 Antonio Peccati “Briciola” e Sergio
Piazza del Gruppo Condor Lecco salgono la via Franco Dolzini; V+ e qualche
passo in A1. Sono salite molto belle e impegnative, per i tempi, con tratti in
libera obbligati. Un po’ per questo, un po’ per la relazione molto vaga della
Magni, o difficilmente reperibile della Dolzini9, per diversi anni saranno poco frequentate. Nel
1987, Bruno Jacovone e Paolo Beretta proseguono dritti oltre la fessura del
primo tiro Magni, lungo una serie di diedri e fessure usando protezioni
“clean”: è la via Tex Willer, VI, di cui si sa pochissimo (o meglio: di cui il
sottoscritto sa quasi nulla). Nell’ottobre 1990, Angelo Riva e Pietro Albetto
aprono Stelle nascenti sulla parete ovest sud ovest; V. E veniamo ai giorni nostri. Si cercano le linee sulla
roccia più compatta, e anche in Grignetta arriva lo Spit. Alla Casati è il
forte arrampicatore Walter Strada a introdurre questa novità nel 1991 sulla parete
nord ovest10, aprendo con Davide Arlati e Filippo Carpani Donna
Mathilde. Una bellissima viadi stampo sportivo su muri verticali a buchi e
fessure, con sequenze di continuità fino al 6a e attrezzatura mista a spit e
chiodi, piuttosto lunghetta: le difficoltà
sono obbligate. Il resto è storia attuale. Su Larioclimb abbiamo
già descritto la via Achille Pasini, aperta nell’ottobre 2017 dal basso, in
solitaria, dal forte scalatore e alpinista Ivano Zanetti con pochi fix e
protezioni veloci (successivamente riattrezzata da Ivano con resinati, dopo un misero atto di vandalismo). Infine, Lo specchio parlante di Giovanni
Chiaffarelli e Federico Montagna, nel caldo agosto 202211.
1Di Andreoletti abbiamo parlato su Larioclimb,
in occasione della pubblicazione della topos della via Purple Haze al Pilastro
Andreoletti, sul versante meridionale della Segantini.
2
Sebbene nelle Grigne e dintorni si fosse tecnicamente indietro rispetto alle
Dolomiti, exploit pionieristici come quello sulla Casati non furono casi
isolati. Ancora nel 1910 un altro fuoriclasse, il milanese (di adozione)
Eugenio Fasana sale con Edoardo De Enrici la fenditura sulla parete nord est
del Corno Centrale di Canzo superando una sezione difficilissima, intorno
all’odierno V+/VI, naturalmente senza alcuna assicurazione.
3
La descrizione della salita è tratta liberamente, indicando in corsivo il testo
originale, dalla relazione dei primi salitori sulla RM 1910, pagg. 247,249.
4
Note prese dalla ricerca storica di Giancarlo Mauri: “L'esplorazione delle Grigne, 4”.
5Note
prese dallaguida di Silvio Saglio: Le Grigne, collana Guida dei Monti d’Italia - CAI TCI Milano, 1937 e dalla
monografia “Nuove vie nel Gruppo Palma-Casati (Grigna Meridionale)” - RM 1924,
pagg 213-217. La prima parte scritta da Gino Carugati del CAI Grigne (Mandello
del Lario), la seconda dall’avv. Attilio Porro e dalla sorella, dottoressa
Giuseppina Porro del CAI Milano.
6Per
approfondimenti sul Gandini, rimandiamo a uno dei tanti scritti sul personaggio,
tra i quali “Giovanni Gandini, la guida del Re” di Alberto Benini e Pietro
Corti: Vertice, l’annuario del C.A.I. Valmadrera num. 34, 2019.
7Note
prese dal libro di Ruggero Meles:Leopoldo Gasparotto alpinista e partigiano – Hoepli
Mi, 2011.
8Vittorio
Meles è stato compagno di Casimiro Ferrari in importanti salite, tra cui,
soprattutto, il Pilastro Est del Fitz Roy nel 1976.
9
La prima relazione degna di questo nome della via Magni è apparsa, a mia
memoria, sulla fantastica guida di Valerio Casari e Lele Dinoia: arrampicate
scelte nel Lecchese - Melograno Edizioni Milano, 1985. Mentre della Franco
Dolzini era uscita una relazione molto precisa, ma su una pubblicazione a
tiratura limitatissima: il “Primo Più” del Gruppo Condor Lecco. Pieno zeppo di
relazioni e proposte di arrampicata... e molto altro.
10E’
l’esordio dello Spit in Grignetta. In quell’anno viene attrezzato, dall’alto,
un altro magnifico itinerario da Eugenio Pesci e Ivano Zanetti: il Fantasma
della libertà al Cinquantenario.
11Altre
vie: Conchita, di Emiliano Cogliati e Mario Vettarino del 26/8/2017, a destra
dello Spigolo di Vallepiana, attrezzata con fix (anche alle soste) e tratti da
integrare. Roccia mediocre a giudizio dei pochi ripetitori; 5c. Via Bice sulla
parete nord nord ovest, di N. Malighetti, Bice Mesconi, H. Manoukinan. 1944;
IV+
Pietro Corti
Disegno e tracciato del camino Andreoletti sulla
parete NO. Rivista Mensile 1910, pag.248
La relazione originale della Franco Dolzini sul Primo Più.1977
Itinerario dalle caratteristiche alpinistiche che si sviluppa a sinistra della via Achille Pasini (vedi topos su larioclimb),
con cui ha due tratti in comune. La linea punta ad una evidente placca
bianca (tiro chiave) per poi convergere al caratteristico pino mugo a
circa due terzi di parete, dove interseca la via Carugati. Da qui
prosegue con altri due tiri fino in cima, tra la Achille Pasini a dx ed
una variante della Carugati, ad opera di ignoti, a sx. La roccia
richiede sempre attenzione; va da discreta su L1 a buona/ottima su L2 e
L4. Nonostante la via sia stata molto ripulita, come tutti gli
itinerari nuovi richiede circospezione e capacità di valutazione.
Note sul nome:
lo specchio (la parete) ha una sua voce: il vento che soffia fa
fischiare camini e fessure, gli echi dei richiami dei gracchi alpini
rimbalzano tra pareti e gole, i sassi che rotolano a valle mossi dal
vento, dagli uccelli o inavvertitamente dagli alpinisti risuonano come
rintocchi di timpano o rullo di tamburi. È bello immergersi nello
specchio e, durante le lunghe attese in sosta, mettersi in ascolto e
apprezzarne voce, suoni e rumori. Periodo Estate; sole dalla tarda mattinata/primo pomeriggio Ambiente alpino; attenzione alla meteo: pericolo di temporali improvvisi. Chiodatura la
via è attrezzata a fix inox da 10mm. Fix anche alle soste, con cordone
e maglia rapida tranne la S5 presso la vetta, da attrezzare su
spuntoni. E’ presente qualche chiodo; alcuni fix sono stati aggiunti
dopo l’apertura. Portare 2 mezze corde da 60m, 12 rinvii, cordini,
fettucce, i moschettoni a ghiera per le soste e un piccolo gioco di
friend fino al 3 BD. Casco! Primi
salitori Federico
Montagna e Giovanni Chiaffarelli, conclusa il 16/08/2022. Prima
ripetizione: Federico Montagna, Marco e Giovanni Chiaffarelli,
17/08/2022. Accesso Giunti ai Piani dei
Resinelli, oltrepassare il piazzale-parcheggio e prendere la strada che
sale a dx appena prima della chiesetta, svoltando a sx al primo bivio.
Scendere all'ex rifugio Alippi, appena a monte del quale si dirama a dx
una sterrata, via Foppe, che porta all'inizio del Sentiero delle Foppe
per il Rif. Rosalba (n° 9). Accesso in auto a via Foppe vietato, e
sosta vietata sulla strada asfaltata. Si parcheggia dove si può (!) nei
pressi della sorgente Carlanta, sulla strada che scende all’Alippi, o
in uno slargo che si incontra poco dopo avere imboccato via alle
quaglie (la stradina che si dirama a dx poco oltre la Carlanta).
Seguire a piedi via Foppe per pochi minuti, superare una breve salita
con il fondo in cemento, continuando in piano lungo una pista nella
faggeta, e finalmente si imbocca il sentiero n° 9 che poi scende in Val
‘Scepina (splendida vista sul Fungo e la Torre Costanza), risale la
sponda opposta e prosegue fino al Rosalba. Da qui salire al Colle
Garibaldi (in vista della parete) e scendere lungo il sentiero Giorgio
(n° 8A) portandosi alla base della Piramide Casati. Salendo un breve
zoccolo (II grado) si raggiunge il resinato alla partenza della via
Achille Pasini, poco sotto l’inizio del classicissimo Spigolo di
Vallepiana. 1,45 ore. Descrizione tiri, e foto con tracciato e gradi di Giovanni Chiaffarelli
L1 5c 50m, 2 fix di sosta. Seguire
i primi tre resinati della via “Achille Pasini” per poi obliquare a sx
su gradoni erbosi fino ad un muretto (fix) che dà accesso a un
terrazzino sulla destra. Da esso proseguire più o meno diritto per
pilastrini e fessure in direzione della placca bianca, fino alla S1 su
terrazzo erboso. Roccia discreta, ma che richiede attenzione. Allungare le protezioni.
L2 6a+ 35m, 2 resinati di sosta, in comune con la via Achille Pasini.
Risalire il diedro accennato soprastante (primo fix non visibile dalla
sosta) fino alla base della placca bianca; salire la placca verticale
prima a dx e poi in obliquo a sx fino ad un fessurino con chiodo (passo
chiave); da esso proseguire diritti per fessure e pilastrini (allungare
la protezione al fix sotto la clessidra cordonata per evitare attriti).
Si supera una bella lama e uno strapiombino manigliato (fix) per
traversare infine qualche metro a dx alla sosta della via Achille
Pasini.
L3 5a 30m, 2 fix di sosta.
Tiro in comune con L4 della via Achille Pasini. Diritti per fessure e
facili risalti, cercando di salire dove la roccia è più solida ed
articolata, fino ad un evidente mugo che si evita sulla sx. Rinviare
con un cordino lungo la S4 a resinati della Achille Pasini e traversare
con cautela 4m a sx fino alla S3 a fix dello Specchio parlante. Attenzione! Non salire direttamente alla S3: grossi blocchi e lastroni palesemente instabili.
L4 6a 30m, 2 fix di sosta.
Alzarsi su parete verticale obliquando a dx (fix), e poi diritti fino
al secondo fix. Salire verso sx su roccia giallastra ricca di prese,
per poi proseguire diritti su roccia nera compatta (fix e un chiodo ad
anello). Con passo deciso entrare a dx in un diedrino scuro da
rimontare fino a una zona più facile da risalire fino alla comoda S4.
L5 3c 25m, sosta su spuntoni.
Salire a dx e poi diritti per diedrino e fessure nere per 15 metri fino
a un fix, per poi seguire un evidente canale abbattuto fino in cima,
dove si attrezza la sosta su spuntoni. Da qui in breve al cippo
sommitale. Il tiro non è attrezzato.
Discesa Se
si sale L5 fino alla sommità, si scende poi lungo la via comune sul
versante NE (bolli rossi sbiaditi): dalla piramide di metallo
proseguire per tracce, scendere in un canalino ghiaioso, e poi
raggiungere una selletta. Da qui abbassarsi un poco verso dx (viso a
valle) superando uno spigolino, fino ad un punto di calata. Si scende
in facile arrampicata (II) oppure con una doppia da 30m, fino alla
forcella Casati-Civetta. Da qui per tracce su pendio detritico si
scende al Sentiero Cecilia. Discesa
che richiede attenzione; procedere assicurati. Attenzione in primavera
o in tardo autunno: è possibile trovare neve o ghiaccio.
In alternativa, se ci si ferma alla S4, si scende sulla via con 3 calate: - La prima di circa 30m da S4 a S3 - La seconda di 55m da S3 a S1 - La terza di 55m da S1 a S0 (Resinato di partenza). Da qui a ritroso per lo zoccolo d’accesso