La
Costa di Sopracorna (971m) del Monte Spedone (1110m) precipita verso
ovest con la “Fracia”, un notevole salto verticale segnato da una
grande
rientranza di roccia rossa, da cui “Corna Rossa”, che sovrasta
la gola del Gallavesa sopra Calolziocorte. Nonostante la fama di roccia
friabile, Giovanni Chiaffarelli e Luca
Bozzi vi
hanno aperto una via a chiodi e fix a
destra del grande cuore
rosso della parete, trovando una bella arrampicata su magnifiche
concrezioni di
selce di tutte le dimensioni. Si
tratta comunque di una
parete assolutamente
da non sottovalutare,
dove in molti tratti la stratificazione particolare rende la corteccia
esterna poco solida, anche se all'apparenza può sembrare l'esatto
contrario. Per
questo motivo l'itinerario è a tratti un po' tortuoso per seguire
soprattutto
le zone di roccia grigia, dimostratasi la più compatta. La pulizia si è
resa
indispensabile, tuttavia qualche frammento può ancora staccarsi senza
preavviso;
prestare quindi la massima attenzione. Arrampicata
tecnica con
qualche singolo intenso su
muri e placche
verticali di roccia generalmente buona - ottima; il primo tiro è quello
più
delicato, tuttavia è ben protetto. NOTA:
per intraprendere questa salita è indispensabile
solida esperienza nelle manovre, nella valutazione della roccia e piena
padronanza
dei gradi. Il
primo tiro è quello con la roccia più delicata, tuttavia ben protetto.
La
progressione sull'intero itinerario beneficia spessissimo delle
caratteristiche
inclusioni di selce (di tutte le dimensioni) di cui tutta la parete è
ricca.
Periodo Primavera
e autunno; la parete è in ombra al mattino.
Chiodatura Attrezzatura a Fix e qualche
chiodo. Portare 12 rinvii, friend piccoli e cordini per allungare
alcuni ancoraggi, casco, 2 corde da 60m o singola da 70m.
Primi
salitori Luca Bozzi e Giovanni
Chiaffarelli, durante l'inverno/primavera 2018, terminata il
14.04.2018. Apertura interamente dal basso, tranne la variante finale,
che è stata aggiunta successivamente.
Accesso Da
Calolziocorte, seguire per Carenno. Prima di arrivare a Carenno, ad una
curva a
gomito verso dx, prendere a sx una stradina in salita che porta alla
località
Oneta. Poco dopo parcheggiare sulla dx. Prendere un sentierino che
traversa
sopra le case fino a raggiungere una mulattiera cementata. Dopo 10
minuti si
arriva alla località Erola. Sopra le case, lasciare la mulattiera e
svoltare a
sinistra in un viottolo. Poco dopo individuare una traccia
perpendicolare che
punta verso l'alto. Da qui seguire il sentiero che, non sempre
evidente, va
lungamente e obliquamente in direzione delle pareti dello Spedone, che
vanno
raggiunte con obliqui e traversi e qualche tratto impervio. Traversare
ancora
finché, con l’approssimarsi della Corna Rossa, la traccia punta
decisamente
verso il basso. Scendere 50 mt e traversare fino alle fisse (sopra,
quelle che
vanno alla Corti, a sinistra quelle che vanno a "Charlie e il Drago"
e “L’Amico ritrovato”). Legarsi e seguire le fisse di sx fino alla S0
di
Charlie e, 10 mt più in alto, alla S0 dell'Amico (sulla sx: altra fissa
di
servizio, per il ritorno alla S0 dopo le doppie).
Discesa In
doppia
lungo la via. Si consiglia vivamente di
non saltare le soste e in qualche caso di far passare le corde in
qualche
rinvio per comodità. L'ultima doppia deposita nei pressi di una
corda fissa
che permette di raggiungere la S0. Da qui seguire a ritroso l’Accesso
fino ad
Oneta.
Nota
Dalla
S5 si può uscire al bosco sommitale con facile arrampicata (restare
assicurati) e, seguendo la vaga cresta boscosa verso
l'alto, si raggiunge in 10 minuti il sentiero che scende verso Erve.
Oppure, in
direzione opposta, sale verso la cima dello Spedone per scendere verso
Carenno
e Oneta.
MONTE
SPEDONE
L'AMICO
RITROVATO
140m – 5L
S2 6c (6b
obb.)
L1 6b 20m
Salire obliquando e traversando a sx, poi riportarsi in verticale e a
dx ad una lama delicata. Ancora in verticale fino a un fix da cui si
traversa decisamente a sx alla S1
L2 6c
30m In verticale e poi a dx con movimenti impegnativi, entrando in un
corto diedro che deposita su un terrazzino. Seguire lungamente i fix
fino alla S2. Tiro splendido
L3 6c
30m Salire dritti, poi effettuare un giro a dx e traversare decisamente
a sx ad una lama che si rimonta con singolo impegnativo. Proseguire in
obliquo a sx fino alla S3. Tiro molto bello
L4 6a+
30m Ancora in obliquo a sx con movimenti tecnici e chiodatura più
allungata, fino ad uscire a sx su cengetta alla S4 6a+. Bella
arrampicata
L5 6a
30m Diritti per placche appoggiate e lavorate ad una clessidra
cordonata, da qui in obliquo a sx (due fix) per poi forzare un muro più
verticale fino ad una cengia. Superare
con passo di decisione un tettino a dx ed il successivo muro bianco
verticale;
poi a dx tenendosi un po' in alto su grosse inclusioni di selce fino S5.
Uscita originale: 5b 30m. Dalla cengia (fin qui 5b) traversare a sx su
gradoni (1 fix), alberi e un breve diedro, da cui si perviene
facilmente alla sommità della parete (4a). Sosta su alberi.
L’AMICO
RITROVATO -
di Luca Bozzi
Primi
anni
'80, un gruppetto di giovani climber era solito trovarsi, per
allenarsi, in una
palestra di Milano.
La
palestra
nulla aveva a che vedere con le moderne palestre di arrampicata,
affollate e
piene di appigli in resina colorata che siamo soliti frequentare negli
ultimi
anni ma era una palestra attrezzata per la ginnastica artistica e che
quindi
permetteva ai ragazzi di fare l'unica forma di allenamento per
l'arrampicata
del tempo: le trazioni alla sbarra. Trazioni in tutte le salse
seguendo, spesso
senza rispettarle pienamente, le terribili tabelle di allenamento
tratte da
“L'arrampicata sportiva” di Furio e Luca Pennisi (Ed. mediterranee
1984).
Qualcuno tentava goffissimi esercizi agli anelli ed alle parallele
imitando
Yuri Chechi o si spellava le mani sulla sbarra o sul muro in mattoni.
Un tale
Ivan (Guerini) e il muscolosissimo Angelino (Belloro) riuscivano
addirittura a
fare una trazione con un braccio solo! Fenomenale. Ma al cavallo con
maniglie
nessuno si avvicinava.
Tutto
avveniva
in un clima molto rilassato e privo di competizione e che
immancabilmente aveva
il suo epilogo in birreria.
Un
giorno due
del gruppo, Giovanni e Luca, si danno appuntamento in Medale. Era il 17
febbraio
del 1985; in 5 ore la prima ripetizione o meglio la prima salita di
tutti i
tiri in continuità di Breakdance era fatta. Ora sembra un giochetto ma
allora
fu un bel risultato.
I
due si
ritroveranno per anni in palestra o in falesia ma poi lavoro, figli,
ecc.
porteranno i due su strade diverse. Giovanni lascerà la sua firma di
grande
arrampicatore aprendo vie difficilissime in Medale, al Forcellino e al
Pizzo
d'Eghen, Luca vorrebbe aprire una via nuova al giorno, continuerà ad
arrampicare, troverà nuove linee nel gruppo di Brenta e continuerà a
sognare
nuove pareti.
Febbraio
2017,
32 anni dopo i due si ritrovano ad arrampicare insieme, la cordata
funziona,
sembra quasi che non abbiano mai smesso di salire pareti insieme. I due
si
divertono, chiaccherano molto, ridono e arrampicano. Una bella stagione
che
culminerà con l'apertura di una via nuova, breve ma significativa:
Mauro delle
Montagne al Torrione Cecilia in Grigna.
A
Luca non
sembra vero di aver finalmente trovato un compagno ideale per fare
quello che a
suo parere ritiene essere la cosa più bella per un arrampicatore:
aprire una
via nuova dalla base alla cima, (perdonatelo è un alpinista e pensa
sempre che
ci sia un base e una cima) e comunque per lui questo è il massimo
dell'avventura.
E
così
insistentemente obbliga il suo compagno a cercare una parete dove poter
lasciare la loro firma.
Trovata!
La
parete Fracia, il Monte Spedone, ovvero quel postaccio famoso per una
difficilissima e pericolosa via di Ruchin ripetuta pochissime volte e
su roccia
talmente friabile che forse non si può definire roccia. Complimenti per
la
scelta, bravo Giovanni! Comunque la parete è bella, solare e presenta
una zona
di roccia grigia a destra della temibile parete rossa salita dal
piccoletto di
Calolziocorte, che forse potrebbe offrire una bella linea di
arrampicata.
Primo
approccio per “andare a vedere”, risalire lo zoccolo e raggiungere il
punto
dell'ipotetico attacco.
Impiegheranno
tutta una giornata per avere la meglio dello zoccolo, un inferno di
roccia che
si sgretola, rami secchi, erbacce, massi enormi che vengono lanciati
nel vallone
sottostante; anche i ciuffi d'erba sono friabili.
Risultato:
4
soste, una con 6 chiodi uno peggio dell'altro, 80 m di pseudo
arrampicata in
diagonale ascendente, una calata in doppia, un traverso su prato, 15 m
di erba
verticale per arrivare finalmente all'attacco. Una fatica mostruosa,
tanta
paura, e sopra solo una parete verticale, molto verticale.... Il grigio
c'e' ma
inizia 20 m sopra la base, si vedrà. Lasciate 100 m di fisse i due
ritornano
stanchissimi ad Erve.
Camminata,
risalita delle fisse e finalmente si arrampica. Con loro questa volta
trapano e
fix. Ci sono voluti 45 anni di alpinismo, pazienza, coraggio e
“cliffate” senza
respirare per venire a capo del primo tiro ma alla fine sono sotto la
linea
grigia.
Si
accorgono
però, dal primo movimento, che qui non si scherza, gli appigli e gli
appoggi
belli ci sono ma a far loro compagnia tanti altri che si sgretolano al
solo
sguardo e una strana “crosta” rocciosa da togliere prima dell'uso.
L'arrampicata è molto tecnica, bella ma anche stressante per questa
ricerca
continua dell'unico appiglio buono tra i tanti, spesso il più piccolo.
In
più giorni,
alternandosi al comando i due proseguono, l'arrampicata è sempre più
bella e
come in tutte le realizzazioni di vie nuove chi sta in sosta aspetta
ore,
mangia, beve e si estranea, godendosi le piccole cose, i suoni, gli
odori e i
colori del piccolo mondo intorno alla sosta. Ogni tanto viene svegliato
dal
compagno che ha bisogno del suo compagno in sosta; come lui è immerso
nel suo
piccolo mondo fatto di pochi metri quadrati di roccia nei quali cerca
l'appiglio giusto per compiere un movimento che possa farlo progredire
anche
solo di pochi centimetri, un mondo dove suoni, odori e colori vengono
percepiti
in maniera completamente diversa.
Tante
emozioni, tanta fatica e tanta paura, tanti movimenti bellissimi di
arrampicata, tanta soddisfazione. Alla fine sul prato della cima Luca
urla
“molla tutto”, Giovanni sale gli ultimi metri, uno sguardo, un
abbraccio, a
Luca scendono due lacrime per l'emozione, se ne accorge solo il Monte
Spedone.
“L'amico
ritrovato”, una bella via, una bella storia. Buona ripetizione e buona
arrampicata.
Nota
dell'autore: nei primi anni '80 gli arrampicatori di Milano non si
definivano
“climber”, i climber erano solo quelli di “Yosemite climber” dal noto
libro di
G. Meyers che con il libro “Cento nuovi mattini” di A. Gogna ha fatto
sognare i
giovani arrampicatori del tempo.
LA
FRACIA
– di Pietro
Corti
La
Costa di Sopracorna del Monte Spedone, alle spalle di Calolziocorte,
precipita
verso ovest con la “Fracia”, un notevole salto verticale segnato da una
grande
rientranza di roccia rossa, da cui “Corna Rossa”, che sovrasta la
stretta gola
del Gallavesa. Quest’ultima è percorsa dalla ardita strada a sbalzo nel
vuoto
che da Calolziocorte sale a Erve, il paesino sotto il versante
meridionale del
Resegone.
Una
parete imponente, visibilissima, e tuttavia poco popolare presso gli
scalatori
per la fama di roccia friabile, tanto da valergli quel nome dialettale.
Fama
che tuttavia non ha impedito che sulla Fracia e gli speroni laterali
venissero
aperte ben 12 vie, su cui si sono cimentati per primi alcuni bei nomi
dell’alpinismo lecchese e calolziese degli anni ’30 e ’40.
Nel
1963 l’Accademico calolziese Mario Burini, uno dei maggiori
protagonisti
dell’esplorazione della bastionata, apre la Direttissima, dopo aver
tracciato
nel 1960 un’altra via sul pilastro a destra. Quindi, negli anni ’70,
compaiono
altre vie molto impegnative di A. Papini e D. Berizzi.
Storie
di passaggi azzardatissimi, chiodi precari, roccia mobile, grandi voli,
traversi da brivido, bivacchi in parete; oltre ad un accesso (dal
basso) a dir
poco avventuroso.
Alpinismo
in piena regola a due passi da casa. Una caratteristica propria del
territorio
lecchese.
Poi
una lunga pausa fino al 2005, con la notevole performance di Andrea
Savonitto
Gigante e Niccolò Bartoli, che aprono dal basso “Il dutur dell’Alpe”,
una via
di concezione moderna sul settore sinistro: interessante e con un paio
di tiri
particolarmente belli, a giudizio di alcuni ripetitori, ma da
affrontare con
ottima preparazione.
Delle
vie storiche, tutte caratterizzate da una difficile arrampicata
libera/artificiale, ricordiamo:
-
la “Corti di sinistra” del 15 ottobre 1933, di Augusto Corti (con
Cassin sul
Sasso Cavallo nello stesso anno; ma a quanto pare anche Corti se la
cavava
bene) e Cattaneo (?).
Lo
Scarpone 1933 n. 21: il 15 scorso Augusto
Corti …. con due amici (sic),
aderenti al Gruppo Arrampicatori Fascisti Nuova Italia (il
G.A.F.N.I.), hanno superato la parete ovest del M.
Spedone. La scalata ha richiesto ben 9 ore.
-
la “Corti di destra” del 18 agosto 1936, di Augusto Corti e Angelo
Longoni, la
stessa coppia della bella e difficile via sulla Parete Fasana dei Corni
di
Canzo nel ’44.
Lo
Scarpone 1936 n. 17: “Lo Spadone di
Carenno”. La parete Lo Spadone, così chiamata forse perché simile ad
una enorme
spada (forse perché hanno sbagliato a scrive il nome sulla
relazione,
azzardiamo noi) ... dopo numerosi
tentativi che denotano le estreme difficoltà che essa contiene ... è
stata
vinta da una cordata lecchese dopo 11 ore di estenuante lotta. E poiché
alla
base di detta parete … un tragico incidente automobilistico spezzava la
giovane
esistenza di Ferruccio Ganassi, capo del Fascismo lecchese, le due
giovani camicie
nere del Manipolo Rocciatori del Fascio Giovanile di Lecco, ne
scolpirono il
nome in vetta a perenne ricordo.
E’
già stato scritto molto sul rapporto tra i giovani scalatori del
territorio
lecchese (e non solo, naturalmente) ed il Partito Fascista, che ne
esaltava i
meriti sportivi a scopo politico. Una parete così imponente, per di più
sotto
gli occhi di tutti, era quindi il palcoscenico ideale per qualche
trafiletto
propagandistico.
-
la “Ruchin” del 23 agosto 1942, di Ercole Esposito Ruchin e Alfredo
Colombo,
dedicata all’industriale lecchese ing. Piero Fiocchi. Colombo è quello
della
via sul Sigaro del 1939. Ruchin invece ... beh: leggete il bel ricordo
“Ruchin,
storia di un piccolo grande alpinista” (era alto 147cm) di Alberto
Benini e
Ruggero Meles – C.A.I. Sezione Ercole Esposito Calolziocorte, 1995.
Molte
difficilissime vie in Grigna, Resegone, Corni di Canzo e Dolomiti
portano la
firma di questo leggendario scalatore calolziese, il primo Accademico
della
Provincia di Bergamo.
Lo
Scarpone 1942 n.17: Reduci dalle Dolomiti
di Agordo, i due rocciatori del Dopolavoro “Alfa Romeo” di Milano
Ercole
Esposito e Alfredo Colombo, hanno conseguito una bella vittoria
scalando per la
prima volta (sic) e per direttissima
la paurosa parete ovest del Monte Spedone …. dopo oltre 14 ore di
incredibili
sforzi …. E il distintivo dell’Alfa brilla ora al sole della vittoria.
Chiodi
adoperati 70, lasciati in parete 20, difficoltà sesto grado
superiore.